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La toponomastica non indigna se celebra Stalin, Lenin e Mao

Durigon è il primo esponente di un governo dimessosi per preteso leso antifascismo - quasi ottant'anni dopo la caduta del Regime.

La toponomastica non indigna se celebra Stalin, Lenin e Mao

Durigon è il primo esponente di un governo dimessosi per preteso leso antifascismo - quasi ottant'anni dopo la caduta del Regime. Il solo precedente, andando a memoria, è quello dell'ex An Romano Misserville, reo di voler tenere un dipinto raffigurante il Duce. Era sottosegretario di un governo di destra? No, di quello D'Alema del 1999, a cui partecipavano pure i comunisti di Cossutta. Basterebbe questo per far capire che la questione Durigon era grave ma non seria, mentre serie sono le bombe a Kabul e il ritorno dell'Isis, per dire.

È anche un raro caso per cui un esponente di governo abbia dovuto dimettersi per le sue idee - eravamo abituati ad abbandoni per via di traffici, anche perché le idee latitavano. Idee, non apologia di fascismo, perché il sottosegretario si era limitato a chiedere che il parco Falcone e Borsellino tornasse alla sua denominazione originaria, Arnaldo Mussolini, nome che aveva conservato per molti decenni anche durante la Repubblica antifascista. Il che dimostra ancora una volta che le battaglie toponomastiche sono politicamente stupide e culturalmente deprimenti, perché trasformano la tragicità della storia in macchiettismo di buoni e cattivi.

Ma se dobbiamo giocare ai nomi allora perché a Roma un'arteria enorme è intitolata a Palmiro Togliatti, le cui responsabilità a fianco di Stalin sono note? Perché a Campobello di Licata c'è via Giuseppe Stalin? Perché a Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, una via Mao Tse Tung? Perché a Cavriago in provincia di Reggio Emilia c'è un busto di Lenin e le vie dedicate al fondatore del regime totalitario comunista sono una ventina? Ma, appunto, risponderebbe quelli di sinistra, perché erano comunisti. Hanno sterminato milioni di persone ma il loro intento era nobile, mentre il fascismo voleva solo fare del male fin dall'inizio.

A questa filosofia della storia da quinta elementare si ispirano non solo i militanti ma anche leader di partito come Enrico Letta e, parrebbe, anche un rettore social, Tomaso Montanari, eletto ma non ancora intronizzato, per il quale il giorno del Ricordo delle foibe è un «falso storico». Hanno fatto bene molti parlamentari a chiederne le dimissioni, che egli ovviamente non darà. Perché se sei protetto dagli apparati mediatici del «regime di sinistra», puoi tutto, se sei contro o semplicemente fuori, ti schiacciano.

E questo accade non solo ora, nel «governo di tutti» ma avverrà anche in un esecutivo di centrodestra, se nessuno nulla farà per reagire.

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