Politica estera

Torna l'asse di Visegrad per le Europee. Un niet che riavvicina Ppe e conservatori

La scelta isolazionista dei leader polacco e ungherese pone dubbi sulle alleanze post voto che si formeranno dopo le elezioni del 2024

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Il ritorno dell'asse di Visegrad tra Polonia e Ungheria dopo la battuta d'arresto negli ultimi mesi a causa delle diverse posizioni sulla guerra in Ucraina, segna un punto di svolta anche in vista delle elezioni europee del 2024.

Nonostante il tentativo in extremis di Giorgia Meloni di raggiungere un'intesa con Orbán e Morawiecki sul tema dell'immigrazione, il Consiglio europeo non è riuscito a trovare un accordo da inserire nel testo delle conclusioni.

È la stessa premier a spiegarlo: «Ho tentato di mediare fino all'ultimo» aggiungendo «ora continueremo a lavorare» con questi due Paesi.

La Meloni ha poi aggiunto che la posizione polacca e ungherese non riguarda la dimensione esterna che è l'unico «modo per affrontare la migrazione mettendo d'accordo tutti».

Il premier polacco Mateusz Morawiecki ha cercato di gettare acqua sul fuoco spiegando: «Non ho riserve nei confronti della mia amica Giorgia e sono soddisfatto del ruolo che ha svolto perché ha sempre cercato di trovare un compromesso» ma «abbiamo convenuto sul fatto di non essere d'accordo» sul tema dell'immigrazione: «Lo siamo su tutto il resto».

Morawiecki ha però aggiunto parlando del patto sui migranti: «Non credo sia la soluzione perché non affronta il problema alla radice, ma non commento le prerogative e le valutazioni del governo italiano». Più netto il premier ungherese Viktor Orbán che ha parlato di «una lotta per la libertà» e sul suo profilo Facebook ha scritto «Bruxelles costruirà 10.000 ghetti di migranti in Ungheria. Non lo permetteremo!».

Secondo il governo ungherese il nuovo Patto sui migranti approvato a maggioranza qualificata dal Consiglio Affari Interni deve essere in realtà approvato dai leader europei. Polonia e Ungheria non accettano che sul tema migrazione si decida a maggioranza qualificata e non all'unanimità, anche se l'unanimità non è prevista dalle regole Ue nella materia migratoria.

La posizione di Orbán e Morawiecki va letta con una doppia valenza di politica interna ed europea. L'opinione pubblica polacca e ungherese sono infatti in prevalenza contrarie a concessioni sui temi migratori in particolare sulla ridistribuzione. Occorre dire che governo polacco e ungherese si trovano in una posizione diversa sotto vari punti di vista. Anzitutto il principale partito di maggioranza in Polonia, il Pis, è membro dell'Ecr, il gruppo europeo presieduto da Giorgia Meloni, mentre il partito di Orbán, Fidezs, ad oggi non è iscritto a nessun gruppo anche se indiscrezioni parlano di una volontà ungherese di avvicinarsi all'Ecr. In secondo luogo la Polonia è una delle principali nazioni europee a sostenere l'Ucraina mentre l'Ungheria, dall'inizio della guerra, ha una posizione critica rispetto agli altri paesi europei. La diversa posizione rispetto a quella assunta dal governo italiano pone una questione anche in vista delle elezioni europee e di posizionamento politico. L'immigrazione non è un tema secondario ed è fondamentale per l'Italia trovare una soluzione a livello europeo alla luce della situazione sempre più preoccupante a Lampedusa ed è evidente che presto si tornerà a parlare del Patto sull'asilo e la migrazione.

Lecito chiedersi perciò se la linea diversa tra Italia e Polonia, Ungheria avrà effetti anche sulle alleanze europee dopo il voto, in tal senso sembra rafforzarsi sempre di più il progetto di avvicinamento tra popolari e conservatori.

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