Torna l'incubo di Moody's: rinviata la pagella

L'agenzia di rating attenderà per l'eventuale declassamento. Ma intanto boccia il dl dignità

Più tempo, fino all'autunno, ma solo per capire se il governo avrà cambiato rotta sul Def. Che così come è articolato ora, soprattutto nella parte che riguarda il decreto dignità, non va. Moody's rinvia il giudizio sull'Italia «al massimo entro fine ottobre» prima di concludere la revisione iniziata lo scorso maggio. Uno strappo all'abituale tempistica con cui l'agenzia di rating tende a risolvere in tre mesi il focus sui Paesi sovrani oggetto di attenzione per un possibile downgrade, necessario per «avere una maggiore visibilità sulla direzione delle politiche del Paese». In pratica, sulla potenziale deriva che potrebbero prendere conti pubblici e riforme una volta varata la manovra. Due, in particolare, i timori. Il primo è il «significativo rischio di un indebolimento materiale della forza fiscale dell'Italia, dati i piani del nuovo governo»; il secondo è «il rischio che la riforma strutturale possa entrare in stallo, o che importanti riforme del passato come quella del 2011 delle pensioni, o quella del 2015 del mercato del lavoro, possano essere rovesciate». Secca è però già la bocciatura al decreto dignità: «Le misure riducono la flessibilità ed è improbabile che portino a un aumento concreto dei contratti di lavoro a tempo indeterminato».

Per una parte dell'esecutivo il caveat di Moody's può essere visto come l'ennesima prova del rumore dei nemici in avvicinamento, dopo l'articolo del Wall Street Journal di domenica scorsa in cui si definiva l'Italia come la nuova minaccia per l'euro. Giudizio a cui il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha risposto ricordando che il governo «resisterà» agli attacchi che vengono dai «poteri forti». Di sicuro il Paese rischia grosso in caso di pollice verso da parte dei Signori del rating. Al momento, il nostro Paese ha una valutazione Baa2, appena due tacche sopra il cosiddetto livello junk, ovvero spazzatura. È questo un autentico bollino nero sull'affidabilità finanziaria. Tale da costringere molti fondi, in virtù degli statuti che contemplano solo l'acquisto di titoli investment grade, a sbarazzarsi per esempio dei Btp in portafoglio. Un autentico disastro, misurato da una stima di Bank of America Merrill Lynch in 80 miliardi di euro di titoli italiani che sarebbero oggetto di vendite.

Non solo. Se anche le altre tre maggiori agenzie mondiali (Standard&Poor's, Fitch e Dbrs) decidessero di declassare l'Italia sotto l'investment grade, la Bce non potrebbe più comprare il nostro debito pubblico nell'ambito del quantitative easing. Il Qe è destinato a esaurirsi a fine anno, ma ieri il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ne ha invocato il prolungamento. «Per quanto riguarda l'appello a Draghi - ha detto -, non abbiamo diritto di chiedere nulla: nel senso che il governo non può chiedere alla Bce di continuare il quantitative easing.

Credo sia nell'interesse dell'Unione europea, di tutti e non soltanto dell'Italia, che dopo una valutazione accurata si decida di prolungarlo, che la valutazione possa condurre ad una rivisitazione dell'originario disimpegno».

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