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Totoministri, la notte d'ansia degli uscenti. I tecnici Cartabia e Giovannini dati per sicuri

Da Gualtieri a Bonafede a Conte, chi non verrà ripescato. L'ipotesi di un esecutivo con metà donne scompagina le rose dei partiti. E Di Maio sogna una poltrona

Totoministri, la notte d'ansia degli uscenti. I tecnici Cartabia e Giovannini dati per sicuri

Il «marziano a Roma», Mario Draghi, anche nel rito del totoministri si sta confermando un alieno: nessuna parola con i partiti, nessuna offerta di ministeri, neanche un mezzo accenno alla questione, farà tutto lui insieme a Mattarella, senza alcuna trattativa con i leader. Al posto del mercanteggiamento a cui sono abituate le segreterie politiche stavolta arriverà un «prendere o lasciare», un pacchetto con le caselle e i nomi scelti dal premier e dal Quirinale, sicuri che nessun partito, in una situazione del genere e con la forza che ha Draghi, si sognerebbe di questionare sulla decisione presa. I partiti sono disorientati. «A noi non risultano telefonate» confida un big grillino. È la stessa cosa che dicono anche da Pd, Lega e Fi. «Draghi non ci ha detto niente». Il timore che, quando salirà al Quirinale, esca con una lista già pronta è molto concreto.

Le certezze, o almeno le probabilità considerate elevate, riguardano solo i ministri uscenti che non saranno riconfermati. I bookmaker scommettono che nel governo Draghi non troveranno posto i grillini Bonafede (Giustizia), la Azzolina (Scuola), Fraccaro (presidenza del Consiglio), Catalfo (Lavoro), Spadafora (Sport) né i piddini Gualtieri (Tesoro) e De Micheli (Infrastrutture). E nemmeno verrà ripescato Giuseppe Conte, alla disperata ricerca di una poltrona politica. L'altra certezza è la volontà di Di Maio di rimanere avvinghiato al potere, un'ebrezza che ha gli creato dipendenza. Nei 5s sono sicuri che Di Maio ce la farà, con la scusa: nel governo non entrano i leader, ma lui non è leader del M5s, è Crimi. Un gioco delle tre carte ovviamente, ma la poltrona vale tutto, e gli elettori 5s hanno dimostrato di accettare ogni tipo di conversione. La vittoria del sì alla consultazione su Rousseau rafforza evidentemente Di Maio e il suo desiderio di restare ministro, ma l'ultima parola sarà di Draghi.

Anche sul metodo di composizione dell'esecutivo, ovvero su quali quote spetteranno ai partiti e se avranno spazio, non ci sono indicazioni dal premier incaricato. Nel film che si stanno facendo i partiti ieri pomeriggio il sistema più quotato era il 3-2-1. Cioè tre ministri al M5s, primo gruppo parlamentare, due a testa per gli altri partiti maggiori (Lega, Pd, Fi), e uno per i piccoli. I leader resterebbero fuori. Ma sono tutti desiderata che fanno i conti senza l'oste, Mattarella ancora più di Draghi. Sarà infatti il presidente della Repubblica il vero regista della formazione dell'esecutivo e della scelta dei nomi, anche per la maggiore conoscenza delle logiche dei partiti rispetto all'ex presidente della Bce.

Sarà insomma un governo Mattarella-Draghi, per questo i nomi dei tecnici dati per sicuri sono quelli di area mattarelliana, come Marta Cartabia. Anche Carlo Cottarelli è quotato, fu lui che il capo dello Stato chiamò come premier incaricato nel 2018, prima che M5s e Lega inventassero il governo gialloverde. Un altro nome quotato e accreditato presso il Quirinale (e con il M5s come sponsor) è quello di Enrico Giovannini, ex presidente Istat ed ex ministro del Lavoro del governo Letta, per lui si parla del ministero della Transizione ecologica che il M5s considera già un suo feudo (Fraccaro: «Per noi è centrale»).

Si prevede un Cdm composto per circa metà da figure femminili, cosa che scompagina ulteriormente le «rose» preparate dai partiti, in maggioranza maschili. Oltre alla Cartabia (per la Giustizia), le donne in corsa sarebbero Elisabetta Belloni, attuale segretario generale proprio della Farnesina, l'economista Lucrezia Reichlin, l'imprenditrice Catia Bastioli ex presidente Terna, e l'uscente Luciana Lamorgese (Interno). Per il Mef si fanno i nomi di Daniele Franco e Luigi Federico Signorini (entrambi di Bankitalia), Ignazio Angeloni (Bce), Dario Scannapieco (Bei) e la Reichlin. Un ministero economico potrebbe essere affidato anche a Ernesto Maria Ruffini (Agenzia delle entrate). Alla Difesa potrebbe restare il dem Guerini o andare Claudio Graziano, presidente del Comitato militare della Ue. Per la categoria candidati all'insaputa di Draghi, c'è il virologo genovese Matteo Bassetti.

«Io ministro? Sarebbe un onore servire il mio Paese, ma non ho ricevuto nessuna chiamata».

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