Politica

Tradizione e futuro: a Lione per riscoprire la capitale degli chef

Domani apre la Cité internationale de la Gastronomie. Qui sono nate le guide Michelin

Aprirà domani a Lione una nuova istituzione che promette di raccontarci cos'è il cibo. Si chiama Cité Internationale de la Gastronomie de Lyon, se ne parla da tempo i lavori sono durati quattro anni e in 4000 metri quadri ricavati da un edificio storico del centro, il Grand Hôtel-Dieu, l'ospedale nato nel XIII secolo e che ora contiene un albergo, ristoranti, negozi e uffici, è un po' museo, un po' ristorante, un po' luogo di innovazione e soprattutto di riflessione sul cibo. Il primo di quattro: seguiranno Dijon, Paris-Rungis e Tours.

Ma cosa abbiamo da dire ancora sul cibo e sugli chef, maître a penser di questa nostra epoca liquida (o croccante, o magari cremosa: le consistenze sono importanti)? Dopo le trasmissioni televisive e le riviste, i profili e i concorsi che da anni assicurano una sovraesposizione senza uguali, come affrontare la questione dell'alimentazione? E soprattutto perché qui a Lione?

Alla presentazione della stampa c'erano le autorità e gli attori che hanno creato questo nuovo hub della gastronomia, nato dall'alleanza tra pubblico e privato. E tutte le parole d'ordine del caso sono state utilizzate - quelle che ci sentiamo dire fin da Expo 2015 - l'importanza del prodotto, del territorio, la sostenibilità, la lotta allo spreco, la cucina come cultura e tradizione. Cui si aggiunge anche simbolicamente, del resto siamo in un ospedale il rapporto tra cibo, benessere e salute. Tutti aspetti che saranno toccati nelle aree dell'esposizione al primo piano. Ma anche negli incontri che coinvolgeranno sociologi, medici e storici.

Lione è la città della gastronomia. Il nostro rapporto con i cugini d'Oltralpe è controverso: cos'hanno da insegnarci loro e la loro cucina pesante e con troppe salse? Però la gastronomia l'hanno inventata loro. Mentre noi avevamo le trattorie famigliari loro creavano la professione dello chef, codificavano l'organizzazione della brigata di cucina e il servizio.

A Lione la tradizione dell'accoglienza risale all'epoca romana come ci spiega Georges Képénékian che ha l'invidiabile carica di assessore alla gastronomia, ruolo indispensabile in una città di gourmet accaniti che vanta nell'area metropolitana 4000 ristoranti, 220 mercati settimanali e 23 stelle Michelin (sì, hanno inventato anche le guide). Era di qui Paul Bocuse forse lo chef più famoso in assoluto. Allievo di una «chef donna», la mère Fillioux, che come la mère Brazier, lasciate a casa delle famiglie borghesi di Lione per le quali lavoravano, tra le due guerre mondiali aprirono dei «bouchon», delle trattorie. E guadagnarono entrambe tre stelle Michelin. Lo scopriamo appena entrati nella Cité fresca di ristrutturazione con ancora il profumo del legno nell'aria, nella prima sezione dove troneggia la rossa cucina di Bocuse. Ma ci è piaciuta di più la cucina all'ultimo piano dove si faranno ogni giorno degustazioni tre assaggi e un calice a 12 euro coordinate dallo chef tre stelle Régis Marcon che ha supervisionato il progetto. Degustazioni a metà tra scuola di cucina e storia degli alimenti, in cui si affronterà ogni volta un tema. E non solo di cucina francese si parlerà. Saranno ospitate le varie tradizioni, a partire dal Giappone. «Oggi l'alimentazione è internazionale, non c'è più la cucina francese o italiana c'è solo il mangiare bene e sano». Volete contrastare il sovranismo alimentare? «Sicuramente sì. Non siamo qui per dire chi sono i buoni e i cattivi, ma per porci questioni importanti sul cibo, perché tutti abbiamo dei figli e il futuro del Pianeta ci sta a cuore». Ai bambini è dedicato uno spazio interattivo dove si gioca e si insegna loro a mangiare bene.

La Cité è un luogo aperto. La cucina del futuro dovrà avere un approccio globale e utilizzerà materie prime locali e sostenibili. Potrà un luogo simile aiutare ad allargare la visione? Il contenitore c'è, è bello e ricco di storia. L'area espositiva è graziosa. Ma è il programma degli incontri in aula e in cucina che farà la differenza.

E solo il tempo dirà se luoghi del genere sapranno raccontarci qualcosa che ancora non sappiamo sul cibo.

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