Il mese scorso si era giustificata, sostenendo che «quella sostanza le serviva per pulire l'argenteria». Arrestata e processata per direttissima, era tornata subito libera. Ma i carabinieri hanno continuato a tenerla d'occhio. Aspettando un nuovo passo falso. Puntualmente arrivato. E così ieri Claudia Rivelli, 71 anni, sorella maggiore dell'attrice Ornella Muti, è stata arrestata. Questa volta la «sostanza» l'aveva nascosta in flaconi di plastica etichettati come «shampoo». In realtà quella «sostanza» è ben altro: Gbl, la cosiddetta «droga dello stupro». Poche gocce che fanno perdere ogni capacità cognitiva impedendo di ricordare quanto di brutto si subisce. Un trucco criminale per abusare delle vittime, senza trovare opposizione prima, durante e dopo la violenza: un tragico rituale che vari episodi di cronaca hanno recentemente portato alla ribalta della cronaca. Claudia Rivelli non è accusata di vicende di questo tipo, ma di traffico di Gbl sul quale dovrà spiegare molte cose.
Il suo arresto, eseguito dei carabinieri del Nas coordinati dalla Procura di Roma, rientra in una più ampia operazione anticrimine che nelle ultime 24 ore ha portato al fermo di 39 persone accusate di «importazione di sostanze stupefacenti tra cui fentanyl, Gbl e altri principi farmacologici appartenenti alla categoria delle nuove sostanze psicoattive acquistati sul deep e sul darkweb». Tra i fermati anche «un avvocato, un medico odontoiatra, un funzionario di un ente locale e un insegnante di scuola media» che, addirittura, «faceva giungere proprio a scuola le spedizioni contenenti la droga sintetica». E dalle intercettazioni emerge che tra i destinatari del Gbl c'è anche un misterioso «senatore», sulla cui identità si è già scatenata la caccia. Nei confronti della sorella di Ornella Muti l'accusa è di «importazione e cessione di sostanze stupefacenti». Rivelli era già stata arrestata il 15 settembre quando nella sua abitazione a Roma furono sequestrate tre bottigliette con un litro di Gbl. Processata per direttissima, si era difesa affermando di avere inviato la sostanza al figlio «perché lui la usa per pulire l'auto» mentre lei la utilizzava «per lucidare l'argenteria».
Nel capo di imputazione si afferma che l'indagata ha importato «illecitamente dall'Olanda, con cadenze trimestrali, vari flaconi di Gbl provvedendo a inviarne parte al figlio residente a Londra dopo averne sostituito confezione ed etichetta riportante indicazione shampoo per ingannare la dogana». «Pacco arrivato e nascosto»; «Fammi sapere notizie mano a mano, se no mi agito troppo fino a giovedì»: sono alcuni passaggi avvenuti via chat tra Claudia Rivelli e il figlio, citati nell'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip.
Che aggiunge: «La circostanza che l'indagata camuffasse il reale contenuto delle spedizioni appare elemento indicativo della piena consapevolezza e della volontà di realizzare condotte penalmente rilevanti, ponendosi quale schermo per agevolare il figlio nell'importazione di sostanza nel Regno Unito dove è considerata illegale al pari dell'Italia».
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