Un tempismo, a suo modo, perfetto. E una votazione durante la prossima plenaria del Parlamento europeo che potrebbe trasformarsi in una trappola per i partiti, anche italiani, che nel passato erano considerati vicini alla Russia di Vladimir Putin, ma anche ad altre potenze straniere fuori dall'ombrello dell'Ue e delle alleanze occidentali come Cina, Venezuela e Iran. Nella risoluzione sulle «ingerenze straniere e la disinformazione» che sarà discussa martedì e votata mercoledì prossimo a Strasburgo vengono infatti menzionate una serie di forze politiche accusate di aver preso finanziamenti occulti «da parte di attori e donatori stranieri». Nell'elenco c'è il Rassemblement National di Marine Le Pen, Fidesz del premier dell'Ungheria Viktor Orban, l'inglese Brexit Party, l'Fpo austriaco, i tedeschi di Afd e gli ungheresi dell'estrema destra anti-Orban di Jobbik. Ma soprattutto compare il nome della Lega di Matteo Salvini, definita come «Lega Nord», che aveva firmato un accordo di cooperazione con il partito Russia unita di Putin, patto in scadenza proprio domani e che il leader leghista ha già fatto sapere di non voler rinnovare. Dal Carroccio a taccuini chiusi non nascondono «l'amarezza» per essere stati citati direttamente nel testo della risoluzione. L'europarlamentare della Lega Marco Dreosto, componente della commissione denominata Inge contro le ingerenze straniere, rivendica il suo impegno. «Abbiamo lavorato e dato il nostro contributo in Commissione per rafforzare nel report le condanne delle interferenze di Mosca e Pechino, interloquito coi massimi rappresentanti Nato per capire come difenderci dalle ingerenze, lavorato a fondo in Commissione anche andando a Taiwan - sfidando il regime comunista cinese - e Washington per parlare con dirigenti della Casa Bianca per rafforzare i rapporti transatlantici. Il nostro atlantismo è fuori discussione», precisa Dreosto. Poi l'affondo: «Spiace che qualcuno, evidentemente con la coscienza sporca, abbia voluto inserire nel report questioni di politica interna e illazioni già smentite dai fatti e dalla storia. Non è il momento di fare campagna elettorale». Il centrodestra italiano si trova in una posizione difficile di fronte alla risoluzione europea, anche perché i tre principali partiti della coalizione in Europa appartengono a tre gruppi diversi.
Forza Italia proprio per questo sta valutando attentamente la posizione da tenere, soprattutto perché la relatrice del testo, l'eurodeputata lettone Sandra Kalniete è del gruppo del Ppe. Secondo le indiscrezioni, comunque, è fuori di dubbio l'impegno della delegazione azzurra per la lotta contro le ingerenze dall'estero e la battaglia contro le fake news. Ma la risoluzione, discussa e votata in commissione prima di Natale, accende anche la battaglia tra il M5s e Italia viva di Renzi. Nel testo viene citato il Venezuela di Nicolas Maduro per i fondi arrivati ad alcuni partiti politici europei, però non compare il nome del partito fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, sospettato di aver ricevuto soldi dai chavisti. Anzi, i grillini hanno presentato un emendamento, approvato in commissione, in cui viene esteso il concetto di compromissione con potenze straniere anche a «persone che ricoprono cariche pubbliche o elettive, compresi prestiti finanziari da parte di persone fisiche o giuridiche con sede al di fuori dell'Ue e dello Spazio economico europeo».
E si torna alla polemiche sulle conferenze di Renzi in Arabia Saudita. «Se questo testo verrà approvato, chiederemo all'Italia di applicare alla lettera questa raccomandazione che riguarderà anche il caso Renzi. Sarà interessante vedere come si comporteranno i colleghi di Renew Europe». Dal gruppo centrista a cui aderisce Iv risponde Nicola Danti, renziano vicepresidente del gruppo centrista di Re all'Europarlamento.
«Non c'è un emendamento in cui viene fatto riferimento a Renzi, che non ha mai incassato fondi occulti da nessuno, il M5s invece farebbe bene a pensare all'inchiesta sulle valigette dal Venezuela», dice Danti al Giornale.
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