Da Travaglio ad Al Bano: quello strambo 25 aprile

Gad Lerner convoca in rete una celebrazione virtuale: l'elenco dei vip è un minestrone

Da Travaglio ad Al Bano: quello strambo 25 aprile

C'era una volta il 25 Aprile, quello delle piazze piene, una roba seria su cui - come su tutte le cose serie - si discuteva, ci si accapigliava. Poi è arrivato il coronavirus: cortei bloccati, e teste altrove. Ma siccome quest'anno è il 75esimo anniversario della Liberazione ed era brutto farlo passare sotto silenzio, parte l'idea di un 25 Aprile virtuale: appello, firme, raccolta di fondi (offerta minima: due euro). Ma un conto è la piazza, un conto è la rete. E così il 25 Aprile formato mailing list diventa un minestrone con dentro di tutto, gente che se si fosse incontrata davvero in piazza avrebbe cambiato marciapiede o si sarebbe presa a male parole. Miracolo di un manifesto al sapore dell'acqua fresca, dove l'appello alla mobilitazione viaggia sulla lotta al coronavirus, al riscaldamento globale e alle ingiustizie sociali. E poi, come nelle interviste alle aspiranti miss: la pace nel mondo.

Chi potrebbe non essere d'accordo, soprattutto di questi tempi? E così sull'appello lanciato da Gad Lerner e da Carlin Petrini, l'inventore di Slow Food, piovono in un attimo firme di diavoli e acquesante. Rossana Rossanda accanto a Elisabetta Gregoraci, già lady Briatore. Renato Soru insieme a Marco Travaglio, che una volta amava ricordarne i guai giudiziari. Scherzi dell'ordine alfabetico: Giovanni Malagò, presidente del Coni e uomo dei poteri ultraforti, viene subito prima del partigiano comunista Gastone Malaguti, anni novantaquattro. Romano Prodi firma l'appello qualche riga dopo Tomaso Montanari, quello secondo cui «in Emilia il Pd fa una politica di destra».

Alcune categorie sono rappresentate talmente in massa che si fa prima a dire quelli che mancano. I cantanti, per esempio: antichi e moderni, di destra di sinistra e di centro, da Guccini ad Al Bano, da Emma a Gigi D'Alessio. Ci sono veteromilitanti come Roberto Vecchioni, e c'è Rita Pavone, già candidata a destra con Tremaglia e a rischio cacciata da Sanremo perché tacciata di sovranismo. C'è la Caselli, craxiana non pentita, e la Zanicchi, berlusconiana lusingata da Renzi.

Gli aneliti dell'appello sono così nobili da rendere impossibile a qualunque interpellato tirarsi indietro. Aderiscono in massa sportivi finora insospettabili del più blando interesse per le cose della politica, come Bobo Vieri e Beppe Bergomi. O il cestista Dino Meneghin, il cui unico precedente in materia è una remota candidatura socialdemocratica. Di alcune coppie brilla la presenza a metà: c'è Fedez ma non la Ferragni, Cinzia Sasso ma non Giuliano Pisapia, Giorgia Palmas ma non la velina bionda Elena Barolo.

«Sarà un 25 aprile di Liberazione, forse il più grande del dopoguerra» promette il manifesto dei promotori: e, clic dopo clic, il risultato appare a portata di mano. «Uniamoci per metterci alle spalle questa crisi e disegnare un domani luminoso e promettente»: chi potrebbe non piazzarci l'autografo? Così accorrono in massa anche gli chef, da Cracco a Bottura a Cannavacciuolo. E va a finire che nell'elenco appare anche un nome che fa sobbalzare: Cesare Battisti.

Ohibò, non sarà mica il terrorista detenuto, improvvisamente convertito ai valori costituzionali? Falso allarme, Battisti è in cella a Oristano e non ha il computer. E a firmare l'appello è il cuoco del Ratanà di Milano, che si chiama proprio come lui.

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