Si vede che Grillo non legge più il Fatto Quotidiano o quantomeno non ascolta i consigli del suo direttore, perché ha fatto esattamente il contrario di quello che raccomandava Travaglio (ormai una sorta di consulente esterno del Movimento Cinque Stelle): adattarsi al prestigioso ruolo di garante, starsene tranquillo nella villa al mare e consegnare baracca e burattini in mano a Conte e Casalino. Come supporter politico Travaglio non ha mai portato grande fortuna ai politici oggetto dei suoi endorsement (da Di Pietro a Ingroia), e anche stavolta il bacio della morte sembra aver preso bene la mira.
Altro che moto di «generosità» di Grillo, il vecchio comico ha tirato fuori tutta la sua aggressività e ha messo a tappeto Conte, il disastroso ex premier che Travaglio considera invece una specie di fenomeno, quasi quanto Arcuri. Al punto che adesso lo scenario più concreto è una scissione, non i giardinetti per Beppe Grillo come auspicava il Fatto, giornale che ha sempre seguito con attenzione il mondo grillino e che ha molti grillini tra i propri lettori.
E qui si apre un dilemma umano e giornalistico. Se si scindono, che si fa? Si parteggia comunque per Conte e si menano gli altri, Grillo in primis? Si tifa per una lista Conte e a quel punto si schifano i Cinque Stelle? E chi sono i grillini veri e quelli fake? Possono essere i grillini di Conte più grillini di Grillo? Di certo da ieri pomeriggio, ma già da prima, l'ex amico Beppe Grillo, che ha osato sfanculare l'amato Conte, è diventato uno dei nuovi nemici di Travaglio. Verrà sfornato anche per lui uno di quei nomignoli perfidi di cui è maestro Travaglio? Occhio che è un'arte in cui eccelle anche Beppe Grillo, quindi prepariamoci al pan per focaccia (genovese). Già sul Fatto gli ha dato del coglione, per interposta vignetta di Vauro. Sostenere Draghi, e poi non regalare il M5s a Conte sono colpe che Travaglio non può perdonare a Grillo.
«È tutt'altro che scemo, si è fatto intortare da quel volpone di Draghi. È circonvenzione di capace» disse di lui, quando fece entrare il M5s nel governo Draghi. Era così semplice invece, bastava farsi intortare da Conte e Casalino.
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