È largamente diffusa, nel Palazzo e fuori, la convinzione che Giggino Di Maio e Matteo Salvini abbiano cercato l'incidente. Che abbiano alzato i toni del conflitto con la Commissione europea per provocarne la reazione. Che abbiano portato il deficit oltre il consentito non tanto per poter almeno in parte onorare le loro promesse elettorali, quanto per farsi malamente respingere la manovra di bilancio.
Sarebbe andata così. I due scapestrati leader si sono presto accorti che denaro non ce n'è. Non osano addentrarsi nelle pieghe del bilancio pubblico, non riescono a stare dentro le regole europee. Si sono fatti terra bruciata attorno. Difficile, pertanto, ritenere di poter ottenere consistenti margini di flessibilità per via politica. Non resta, perciò, che l'assalto al castello. L'azzardo estremo. Provocando la reazione di Bruxelles i due hanno dato il via alla loro narrazione elettorale. Ecco palesarsi il nemico perfetto: le élite finanziarie, i poteri forti europei. Si racconterà la storia di belle riforme, di un diktat, di una ribellione. Si farà leva sull'orgoglio, sulla rabbia e sulla speranza. Dal punto di vista dell'interesse di partito nulla da eccepire, è probabile che il calcolo si riveli corretto.
Ma si tratta di un calcolo politico puramente elettoralistico fondato su tre incognite. Un triplice azzardo. Il primo riguarda i costi economici dell'operazione. La fuga degli investitori stranieri, oltre che dei capitali italiani, è già una realtà. Il maggior costo del denaro per mutui e imprese lo sarà presto. Riuscirà il Tesoro a trovare i cento miliardi necessari nel 2019 per rimborsare e rinnovare i titoli del debito pubblico italiano? Non sarà facile. Così come facile non sarà (ed è questo il secondo azzardo) che il sogno grillinleghista si realizzi e che le elezioni europee del 23 maggio segnino la vittoria del fronte populista, o sovranista che dir si voglia.
Ipotizziamo, però, che il sogno diventi realtà. Saremo allora alle prese col terzo azzardo. La convinzione, cioè, che forze politiche dichiaratamente votate alla massimizzazione dei rispettivi interessi nazionali si rivelino come d'incanto disposte a caricarsi in spalla il debito pubblico italiano e a condividere col Belpaese l'onere della redistribuzione dei migranti.
Per carità, la speranza è l'ultima a morire, ma il fatto che il cancelliere austriaco Sebastian Kurz abbia durissimamente criticato la scelta italiana di violare le regole europee non lascia ben sperare. Un tempo si sarebbe parlato di velleitarismo, oggi si parla di azzardo. Un triplice azzardo ispirato a banali interessi di bottega partitica i cui costi materiali saranno pagati dallo Stato e dai cittadini italiani.
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