Questa è la storia di una testimonianza inutile voluta a tutti costi dai pm di Palermo. E di un presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, trascinato quasi a forza alla sbarra dalla Procura di Palermo, che è incredibilmente riuscito a ritorcere la situazione a proprio favore, salendo in cattedra e dando, alle toghe, una lezione di stile, diritto e funzionamento delle istituzioni. Insomma, tre ore di cortesie, salamelecchi, stilettate anche ironiche in un clima ossequioso, deferente. Ma per quanto riguarda i fatti, l'elemento di novità dato al processo, nulla, zero. Nihil novi sub sole . Ha fatto bene il Quirinale a rendere noto subito il verbale dell'udienza evento che ha visto protagonista il capo dello Stato. Perché è solo leggendo tutto, domande dei pm ma soprattutto risposte del presidente, che si comprende quanto, dietro la vittoria apparente dei pm palermitani che sono riusciti comunque a trascinare il capo dello Stato dentro il processo sulla trattativa Stato-mafia, ci sia la vittoria, vera, di Re Giorgio. Sciolto, rilassato, a tratti ironico. Come quando all'avvocato di Riina che gli chiede se sa qualcosa di rapporti tra Servizi segreti e mafia, nonostante lo stop della Corte replica: «Non ruberò il mestiere alla Procura, alla pubblica accusa avventurandomi in temi come quello dei rapporti tra i Servizi segreti...». Gigioneggia, Napolitano, anche coi pm. Come quando replica al pm Vittorio Teresi che gli chiede se nel '93 ci furono minacce a parlamentari: «Credo di avere una discreta memoria, ma una simile memoria di elefante per ricordare tutti i dettagli di quel periodo, da cui ci distanziano oltre venti anni, francamente no». O quando il pm Di Matteo gli chiede se ricorda una nota di De Gennaro del '93: «Mi permetto di osservare che ci stiamo allontanando di molti chilometri dal luogo, diciamo, della originaria sollecitazione di una mia testimonianza. E poi davvero un po' supponendo che io abbia una memoria che farebbe impallidire Pico della Mirandola ricordare ogni elemento, se mi fu data quella nota, come reagirono tizio e caio, francamente non credo di poter rispondere». Sale in cattedra, Napolitano. E più di una volta sembra voler mandare a fare un po' di ripetizioni di diritto costituzionale quegli scolaretti un po' impreparati: questo non era compito del presidente della Camera, l'incarico che lui ricopriva in quel '92-'93 di sangue; quest'altro era prerogativa del capo dello Stato, che all'epoca non ero io. Per non parlare poi dell'iter delle leggi, vedi ad esempio quella sul 41 bis, a cui il Professore Napolitano risponde: ma perché non andate a guardarvi gli atti parlamentari? Chiunque può fare una ricerca, sono pure digitalizzati.
Una lezione. Una lezione mirabile priva di contenuti. Non c'è una sola cosa detta dal capo dello Stato che abbia aggiunto un elemento di novità rispetto a quanto è ormai dato acquisito.
Qual è la novità quando Napolitano afferma che le bombe del '93 furono percepite come ricatto allo Stato? O quando ricorda che furono le stragi a accelerare l'iter del 41 bis per i boss? O quando ricorda i timori di golpe di Ciampi quando Palazzo Chigi rimase isolato? Tre ore per non dire nulla. E tanto, davvero troppo rumore. Per nulla. MtC- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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