L'impresa siderurgica italiana trema. Da Nord a Sud, tutte le aziende che oggi contribuiscono ad esportare negli Usa 500mila tonnellate l'anno di acciaio guardano con paura alla mina dazi, innescata a scopo protezionista dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Per ora, il «sovrapprezzo» imposto dagli States a chi esporta o importa acciaio e alluminio (25% e 10%) avrà impatti limitati sui grandi brand quotati (Fca, Danieli, Cnh), di fatto molto più preparati a tenere testa a questi «scossoni commerciali». L'impatto maggiore si sentirà, infatti, fuori da Piazza Affari. Numeri alla mano, l'export di acciaio italiano verso gli Stati Uniti vale il 5% del mercato italiano, su una produzione totale di 24 milioni di tonnellate. E, di fatto, ad essere a rischio, sono circa 700 milioni di dollari di fatturato.
Così, si prevede che la bomba dazi si prepari a esplodere il conto alla rovescia è iniziato e finisce tra 15 giorni - in tutta la sua drammaticità coinvolgendo la media impresa italiana che occupa migliaia di lavoratori. «Stiamo valutando esattamente la ripercussione, ma è chiaro che ci sono aziende molto colpite, come per esempio la Valbruna, che esporta oltre 40mila tonnellate di acciaio inossidabile negli Stati Uniti» spiega il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, citando lo storico gruppo vicentino come riferimento eccellente. La punta dell'iceberg se si pensa che, seppur non commercino con gli Usa, avranno un impatto indiretto non trascurabile anche colossi come Alcoa, Ilva, Piombino. «Questo perché spiega un analista - i dazi limitano il campo d'azione dei maggiori produttori di acciaio al mondo aumentando esponenzialmente la concorrenza, già altissima, sui mercati europei». Ed è solo l'inizio. «Gli Stati Uniti - spiega il capo economista Usa di Unicredit Harm Bandholz - potrebbero essere costretti ad alzare ulteriormente i dazi e c'è un alto rischio che si inizi a scivolare dal protezionismo alla guerra commerciale vera e propria».
Nel mondo delle quotate di Piazza Affari, l'impatto maggiore è al momento sul mondo dell'auto. Per Mediobanca, la Fiat (Fca) spende per acquistare acciaio e alluminio negli Usa 2,6-3 miliardi di euro. Nel peggiore scenario, che i dazi facciano aumentare i prezzi del 20%, l'impatto sul profitto netto sarebbe dell'8-9%. Quanto a Danieli, la multinazionale di Udine che opera nel settore siderurgico, potrebbe risentire di una maggiore volatilità del prezzo dell'acciaio in diversi Paesi, mentre Cnh Industrial potrebbe subire un impatto sui profitti netti fino a 37 milioni. A fare da eccezione c'è Tenaris. La società della famiglia Rocca produce direttamente negli Usa e quindi beneficerà delle nuove misure. Per i Rocca l'esenzione di Canada e Messico è una buona notizia.
«Faranno salire i prezzi negli Usa, senza avere un impatto nel costo delle materie prime per la società», dicono gli esperti di Mediobanca ipotizzando che Tenaris possa anche strappare quote di mercato ai concorrenti sudcoreani.
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