Calma e sangue freddo. Ma nel Palazzo la paura avanza. I parlamentari più esperti dei meccanismi d'Aula masticano amaro e fanno i conti con l'incedere beffardo della quarta ondata. «Siamo costretti a navigare a vista - dice al Giornale un deputato avvezzo alla materia - il fatto è che il picco è previsto per fine mese e le votazioni cominceranno il 24, comunque secondo me il voto a distanza è un'ipotesi impraticabile, è difficile immaginare scenari quando da qui a venti giorni può accadere di tutto». Ad aprire al voto a distanza è il costituzionalista Sabino Cassese. «È un mero fatto di svolgimento della votazione. Con gli strumenti tecnici che ci sono oggi è sicuramente possibile», dice ospite di Sabato Anch'io su Rai Radio1. Più probabile che si voti a scaglionamenti orari, come con il voto di fiducia, e che si proceda con una o al massimo due votazioni al giorno. Al vaglio la possibilità di separare la riunione dei convocati tra Camera e Senato, anziché riunire i grandi elettori a Montecitorio come si fa di solito per le sedute congiunte. In ballo la soluzione di un accesso all'Aula solo con i Super Green Pass, ma Fdi è contrario. Tra martedì e mercoledì prevista una riunione dei questori della Camera per fare il punto della situazione.
Al momento i deputati e i senatori positivi sarebbero una trentina. Costretti a casa con il Covid pure i ministri Federico D'Incà e Vittorio Colao e un segretario di un partito di governo. Appena guarito il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che si è contagiato sotto Natale. «Sta bene, da domani (oggi, ndr) sarà al ministero», confermano dal suo staff. «L'assenza di 5-10 parlamentari non danneggia in alcun modo il voto. Il problema vero si porrebbe se scoppiasse un cluster in un partito, a quel punto si potrebbe squilibrare la rappresentanza politica e sarebbe opportuno un rinvio del voto», dice il costituzionalista Alfonso Celotto. «Il voto a distanza mi sembra una soluzione difficile», continua Celotto.
Il deputato sardo della Lega Guido De Martini invece attacca il governo per le norme sul Super Green Pass «che mi impediranno di viaggiare ed essere a Roma per eleggere il prossimo Capo dello Stato». De Martini azzarda un paragone discutibile, per usare un eufemismo: «Anche durante l'apartheid era previsto che ci fossero mezzi di trasporto riservati a persone con un certo colore della pelle».
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