Cronache

La truffa delle case-vacanza senza rimborso "La start-up si è intascata migliaia di euro"

Società inglese nel mirino per i soldi delle prenotazioni bloccate dal lockdown

Pandemia, furbizia, confusione. Il tutto, sommato, dà come risultato la scomparsa di migliaia e migliaia di euro. In un momento drammatico per il mondo del turismo c'è anche chi cerca vie alternative per limitare i danni. A scapito, neanche a dirlo, dei cittadini. Proprio come fatto da Hostmaker, una start-up inglese nata nel 2014 che, col tempo, si è estesa in vari paesi del mondo: i suoi rami arrivano in Francia, Spagna, Portogallo, Bangkok e Italia. L'azienda gestisce case-vacanza e locazioni turistiche di privati sul territorio e, in cambio di molteplici servizi (check in/out, pulizia, ricerca di clienti) si tiene il 20 per cento dei guadagni dei proprietari di casa. Il 20 per cento. In realtà però si sta tenendo il 100 per cento di tutte le disdette avvenute causa Coronavirus.

«Abbiamo annullato il soggiorno a Roma perché gli spostamenti erano proibiti - racconta Giovanna Menniti, una cliente di Hostmaker -. Ci sono arrivate varie mail nelle quali ci assicuravano che in pochi giorni ci avrebbero rimborsati, ma i soldi, 1.260 euro, non ci sono mai arrivati. Inoltre, la cosa strana, è che inizialmente ci rispondevano dalla Hostmaker, poi hanno cominciato ad arrivare mail firmate dalla Houst, e ora è da un mese che nessuno dà segni di vita di alcun tipo».

Già, perché la situazione è, curiosamente, diventata incomprensibile e intricata agli occhi sia degli ospiti sia dei padroni di casa che non hanno ricevuto notizie. Nakul Sharm afferma di aver ceduto la Hostmaker Italia alla Houst, e punta il dito contro Fabrizio Ajò, che lui afferma essere a capo di quest'altra azienda (che però non opera in Italia) ed essere quindi in debito con gli ospiti. Peccato che Ajò risultava essere general manager della Hostmaker Italia (quindi dipendente di Sharma...) e che venerdì ha dato le dimissioni. Il tutto, senza aver comunicato nulla ai clienti benché sul contratto degli stessi la firma, da parte di Hostmaker, sia la sua. Non solo: la Hostmaker, effettuata visura camerale, non risulta ceduta a chic ché sia. Eppure i dipendenti non prendono lo stipendio da marzo, e a nessuno sono stati firmati documenti per la cassa integrazione.

Le comunicazioni, dunque, sono latitanti anche internamente, non solo nei confronti di clienti e padroni di casa che aspettano da mesi spiegazioni e rimborsi. Fra i vari problemi emersi, c'è poi quello relativo alle chiavi di casa dei proprietari di casa: per poter gestire al meglio tutti gli appartamenti Hostmaker pretendeva che venissero consegnati al gruppo quattro mazzi di chiavi da ciascun proprietario. La sede però è chiusa, i telefoni squillano a vuoto, e della restituzione delle chiavi nessuno parla.

Fra Roma e Firenze, sono circa 300 gli appartamenti in mano alla Hostmaker che, oltre a non dare informazioni sui soldi che deve restituire agli ospiti come fatto da Booking e dalle altre piattaforme (o al massimo girare per l'80 per cento ai proprietari di casa...), non contatta i proprietari per informarli della situazione. Ora che il turismo potrebbe lentamente ingranare, fra l'altro, molti degli annunci delle case gestite da Hostmaker sono scomparsi dalla rete. I proprietari di casa si ritrovano quindi con le mani legate, senza sapere a chi rivolgersi, senza le chiavi dei propri appartamenti e senza gli annunci per attirare nuovi ospiti. Pandemia, furbizia, confusione.

La Hostmaker deve migliaia e migliaia di euro agli italiani.

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