Per sei mesi nuvole scure si sono ammucchiate sulla testa di Lara Comi, giovane e bella parlamentare europea di Forza Italia. Per mesi, dopo la retata che aveva portato in carcere esponenti azzurri di Gallarate e Busto Arsizio, le accuse che avevano portato alla sua iscrizione tra gli indagati sono finite sui giornali, hanno affossato la sua ricandidatura alle elezioni europee e chiuso di fatto la sua carriera politica. E ieri mattina, quando forse la Comi ormai pensava di avere limitato i danni, arriva la botta finale: la Guardia di finanza la arresta e la mette ai domiciliari su ordine del tribunale di Milano. Truffa aggravata, corruzione e finanziamento illecito le accuse. «Nonostante la giovane età Lara Comi ha mostrato una non comune esperienza nel far ricorso a collaudati schemi criminosi», scrive il giudice Raffaella Mascarino.
Erano accuse in larga parte già note, contenute negli atti della retata del maggio scorso, ma che strada facendo si sono aggravate e circostanziate, soprattutto da quando ha deciso di «cantare» il personaggio chiave della vicenda: Nino Caianiello, ras di Forza Italia in provincia di Varese, uomo da sempre - per sua stessa ammissione - abituato a maneggiare soldi, eppure da sempre al verde. È lui a spremere la Comi, per finanziare il partito e soprattutto se stesso. Una parte dei soldi che vengono contestati alla (ex) eurodeputata vanno per soddisfare le pretese di Caianiello e del suo amico Giuseppe Zingale, direttore dell'ente regionale di avviamento al lavoro, l'Afol. Anche l'episodio di corruzione compreso nell'ordinanza di custodia vede la Comi indicata come semplice «intermediaria» dei soldi destinati a Zingale. Ma dagli atti emergono anche pretese della Comi per se stessa, come una consulenza Afol o i 31mila euro in nero per la sua campagna elettorale dall'imprenditore Marco Bonometti.
L'accusa più grave sono i due episodi di truffa al Parlamento europeo: truffe di breve durata (due mesi la prima, due mesi la seconda) ma che per il giudice dimostrano la pericolosità dell'esponente azzurra. La prima volta, tra novembre e dicembre del 2016, la Comi fa figurare Caianiello come suo collaboratore, incassando circa 5.000 euro di rimborsi da Bruxelles: lo stesso Caianiello spiega ai giudici che il contratto è fittizio, «non ricordo di avere svolto questo incarico». La seconda truffa riguarda l'aumento fasullo dello stipendio del suo addetto stampa, il giornalista Andrea Aliverti, che da mille euro al mese si vede più che triplicato il compenso: ma la parte in più deve girarla in contanti a Carmine Gorrasi, uomo di Caianiello. L'imbroglio dura solo da dicembre a gennaio scorsi, poi il Parlamento europeo sente puzza di bruciato, chiede spiegazioni e tutto si ferma.
Vicende già emerse nelle loro linee principali, come sottolinea il difensore della esponente azzurra, Gianpiero Biancolella: «È da valutare se ci siano le esigenze cautelari che legittimino i domiciliari dal momento che ipotizzare dei contatti col mondo politico e industriale per giustificare una possibile reiterazione del reato mi sembra una tesi infondata». La prima preoccupazione della donna, spiega Biancolella, riguarda in queste ore la salute del padre, che sta per affrontare un delicato intervento.
Ma il post su Facebook in cui, poco prima di essere arrestata, la Comi scriveva «Forza Papà» è stato bersagliato ieri di messaggi di scherno: «da San Vittore potrai fare un sacco di post», «spero che in galera hai lo spazio per i tuoi genitori». Lunedì prossimo l'interrogatorio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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