New York Nuova svolta di Donald Trump in politica estera. Il presidente americano rivede i suoi rapporti con l'Egitto e vara nuove sanzioni contro Russia e Cina per i loro affari poco chiari con la Corea del Nord. Sul fronte egiziano, l'amministrazione Usa ha tagliato 96 milioni di dollari di aiuti e ha congelato 195 milioni di dollari di fondi militari al paese nordafricano per la sua carenza di progressi nei diritti umani. Una mossa che ha colto di sorpresa gli analisti, vista la calorosa accoglienza riservata alla Casa Bianca da Trump al collega Abdel Fattah al-Sisi nella sua visita dei mesi scorsi. Negli ultimi trent'anni l'Egitto ha ricevuto dagli Usa quasi 80 miliardi di dollari in assistenza militare ed economica, e secondo quando dichiarato da alcune fonti gli Stati Uniti continuano a considerare il paese un partner strategico. Al contempo, però, sono seriamente preoccupati per la mancanza di progressi sui diritti umani. La mossa di Washington è stata immediatamente condannata dal Cairo: il ministero degli Esteri si è detto rammaricato per la misura, che avrà effetti negativi nelle relazioni strategiche tra i due paesi, e in un primo momento ha pure cancellato l'incontro con il consigliere della Casa Bianca e genero del tycoon Jared Kushner, a capo della delegazione americana in visita in Medio Oriente per riavviare il processo di pace israelo-palestinese. Poi, però, il ministro Sameh Shoukry ha fatto marcia indietro, partecipando al colloquio di Kushner con il presidente al-Sisi.
Quello tra Washington e il Cairo, comunque, è un equilibrio delicato. Trump ha applaudito la linea dura di al-Sisi contro il terrorismo, e lo ha accolto alla Casa Bianca con tutti gli onori, ma in quell'occasione non fu affrontata la questione dei diritti umani, attirando sul Commander in Chief forti critiche da parte dei democratici e anche del suo stesso partito.
Sul dossier nordcoreano, invece, l'amministrazione Usa ha varato nuove sanzioni contro Russia e Cina: le misure, annunciate dal Dipartimento del Tesoro, hanno preso di mira dieci aziende e sei individui cinesi e russi responsabili di continuare a fare affari con Pyongyang, nonostante i divieti imposti dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu. E hanno scatenato l'ira delle due potenze. «Stiamo iniziando a lavorare a misure di ritorsione, che sono inevitabili in questa situazione«, ha detto il viceministro degli Esteri di Mosca, Sergei Ryabkov. Mentre Pechino ha chiesto agli americani di «correggere immediatamente il loro errore di sanzionare le aziende cinesi», che danneggerà i rapporti bilaterali. La portavoce del ministro degli Esteri ha ribadito che il governo del Dragone ha attuato pienamente le risoluzioni dell'Onu, e punirebbe chiunque violasse le sanzioni. Da parte sua Trump, durante un comizio a Phoenix, in Arizona, ha espresso cauto ottimismo circa un possibile miglioramento delle relazioni con il regime di Kim Jong-un dopo mesi di tensioni. A suo parere, infatti, il giovane leader «sta cominciando a rispettare l'America, e forse ciò potrebbe essere qualcosa di positivo». Di tutt'altro avviso pare proprio Kim, che è pronto all'ampliamento del programma missilistico e ha minacciato «una rappresaglia spietata» contro gli Stati Uniti, impegnati in esercitazioni congiunte con le forze armate sudcoreane.
L'agenzia nordcoreana Kcna ha diffuso le fotografie in cui compare quello che potrebbe essere il progetto di uno o due nuovi missili, e in uno dei diagrammi mostra un Pukguksong-3, potenziale successore delle due versioni precedenti del vettore. Inoltre il dittatore, durante la visita al Chemical Material Institute dell'Academy of Defense Sciences, ha «chiesto ai lavoratori di produrre più motori a combustibile solido e testate per razzi».
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