
Donald Trump mette a segno il maggiore successo diplomatico del suo secondo mandato, e si vede più vicino a coronare il sogno di passare alla storia come il "presidente della pace". "Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano. Ciò significa che tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata, come primo passo verso una pace forte e duratura", afferma il tycoon su Truth celebrando il risultato ottenuto con il suo team di negoziatori. "Abbiamo messo fine alla guerra a Gaza, penso sarà una pace durevole", esulta poi all'indomani presiedendo una riunione di governo alla Casa Bianca.
Il comandante in capo conferma che "proverà ad andare" in Egitto per partecipare alla firma ufficiale dell'accordo, e aggiunge: "Parlerò alla Knesset se vogliono. Sarebbe la prima volta per un presidente americano". La presidenza di Israele fa sapere che Trump dovrebbe visitare Gerusalemme domenica, dopo l'invito ricevuto dal premier Benjamin Netanyahu, e The Donald afferma che lavorerà pure con l'Iran, poiché anche Teheran ha riconosciuto di essere a favore del cessate il fuoco tra Israele e Hamas e dell'intesa sugli ostaggi. La svolta nei negoziati è arrivata nel tardo pomeriggio (americano) di mercoledì: mentre Trump stava partecipando a una tavola rotonda su Antifa, il segretario di stato Marco Rubio gli ha passato un biglietto in cui era scritto: "Devi approvare presto un post su Truth così potrai annunciare per primo l'accordo". "Siamo molto vicini ad una tregua. Hanno bisogno subito di me", ha detto quindi il presidente, che è stato al telefono nello Studio Ovale per circa un'ora con il suo inviato speciale Steve Witkoff e il genero Jared Kushner, presenti in Egitto per i colloqui, rivedendo con loro le sue parole. Il comandante in capo spiega che gli Stati Uniti contribuiranno alla ricostruzione di Gaza e a mantenerla sicura e pacifica, dopo che Israele e Hamas hanno concordato la prima fase del suo piano di pace. "Saremo coinvolti nell'aiutarli a raggiungere il successo e a mantenere la pace", dice a Fox News poche ore dopo la notizia dell'accordo, aggiungendo di essere "molto fiducioso che ci sarà pace in Medioriente". "La Striscia sarà ricostruita", ripete in seguito, affermando di credere che i Paesi arabi ricchi "si faranno" avanti con dei finanziamenti.
Mentre il segretario di Stato vuole attribuire nuovamente il merito dell'intesa all'intervento personale di Trump con altri leader mondiali: "Ha avuto alcune telefonate e incontri straordinari, che hanno richiesto un alto livello di intensità e impegno, e hanno reso possibile tutto questo". The Donald ha pure parlato con Netanyahu, e secondo l'ufficio del premier "i due leader hanno avuto una conversazione molto emozionante e calorosa, congratulandosi a vicenda per lo storico risultato ottenuto. Bibi ha ringraziato Trump per tutti i suoi sforzi e per la sua leadership a livello globale, il presidente ha elogiato il premier per la sua guida determinata e per le azioni che ha intrapreso". La storia insegna che in Medioriente diverse cose potrebbero andare storte nei prossimi giorni, ma sicuramente il trionfo diplomatico dell'inquilino della Casa Bianca lo avvicina all'agognato premio Nobel per la Pace (che peraltro dovrebbe essere annunciato poche ore prima della sua possibile partenza per il tour in Egitto e Israele).
Secondo il New York Times, se il piano di pace andrà avanti, Trump potrebbe avere un diritto legittimo al Nobel a cui tanto aspira come i quattro presidenti americani che lo hanno vinto in passato (Theodore Roosevelt, Woodrow Wilson, Barack Obama e Jimmy Carter). Per lui, scrive il quotidiano, il "successo" dell'accordo di pace "rappresenta la prova definitiva del suo obiettivo di mediatore e pacificatore" e rientra nella "strada verso quel premio Nobel" che vorrebbe da tempo.
E pure il Washington Post ritiene che l'intesa "potrebbe legittimamente rafforzare la sua pretesa di essere un pacificatore degno del Nobel per la Pace", sottolineando che Trump si è impegnato in prima persona, "portando con sé il suo stile negoziale non ortodosso, si è affidato a pochi fidati consiglieri e si è basato sul suo istinto e sulla sua fede incrollabile nel potere delle relazioni personali". "Una combinazione - osserva il board editoriale - che ha prodotto altri successi, come gli accordi di Abramo nel suo primo mandato e l'impegno degli europei a spendere di più per la difesa".