
Fare presto, il prima possibile, meglio se entro la fine dell'anno. Per non trascinare la mina dell'impeachment fino alle primarie democratiche di inizio 2020, perchè potrebbe essere più un boomerang elettorale che un vantaggio strategico. Non c'è tempo da perdere: Trump va impallinato prima, per questo i democratici accelerano l'inchiesta e puntano ad avere un voto alla Camera entro novembre, per la Cnn in un giorno simbolico, il 28 novembre, il Giorno del Ringraziamento.
Fare presto e non disperdersi, puntare al sodo e non farsi distrarre da altro. Per questo i dem restringeranno l'inchiesta, alla sola richiesta fatta da Donald Trump al presidente ucraino Volodymyr Zelensky: quella di aprire, dopo aver sentito il ministro della giustizia William Barr, un'indagine per corruzione su Joe Biden e suo figlio per i loro affari in Ucraina. Può e deve bastare questo.
Le sei commissioni che stanno conducendo in modo coordinato l'inchiesta di impeachment, che poi dovrà essere ratificata dalla commissione Giustizia prima di passare al voto dell'aula dove sulla carta ci sono già i 218 voti necessari a mettere sotto accusa il presidente, ha fissato un nutrito calendario di audizioni già da questa settimana. Convocati cinque funzionari del dipartimento di Stato, tra i quali Kurt Volker, l'ex ambasciatore alla Nato che si è dimesso dall'incarico di inviato speciale per l'Ucraina, e l'ispettore generale dell'intelligence community, Michael Atkinson, l'uomo che comunicò al Congresso che la denuncia dell'intelligence che ha scatenato il Kievgate era stata bloccata dall'amministrazione Trump. E al segretario di Stato Mike Pompeo è stato ordinato di consegnare entro venerdì i documenti sull'Ucraina che finora si è rifiutato di consegnare. Una guerra di nervi, giocata sui tempi. «É scandaloso quello che i dem stanno facendo, stanno cercando di fermarmi perché combatto per voi» ha twittatto Trump per niente preoccupato, almeno all'apparenza. Anzi di fronte all'esplodere del Kievgate The Donald rilancia un vecchio cavallo di battaglia, l'inchiesta sul server di mail privato usato da Hillary Clinton quand'era segretario di Stato per contattare diplomatici e collaboratori, indagine che Mike Pompeo, sempre lui, si è premurato di accelerare. Un caso che è già stato al centro di inchieste del Congresso e dell'Fbi senza riscontrare reati, ma che fu congelato a poche settimane dal voto. Nelle scorse settimane investigatori del Dipartimento di Stato hanno contattatto circa 130 funzionari che avevano contatti diretti con Clinton, e le cui mail sono state classificate come top secret utilizzare un server privato viola le norme di sicurezza.
L'indagine è stata resuscita proprio quando è scoppiato il Kievgate. «Sono due cose non collegate tra loro - giurano al Dipartimento di Stato senza che ci creda nessuno - É il tempo che ci vuole per analizzare milioni di mail». La guerra è lunga.
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