Politica estera

Trump ora è all'angolo. Solo e abbandonato anche dai fedelissimi

Il re è nudo e stanno cominciando ad accorgersene anche i suoi più incrollabili sostenitori

Trump ora è all'angolo. Solo e abbandonato anche dai fedelissimi

Il re è nudo e stanno cominciando ad accorgersene anche i suoi più incrollabili sostenitori. La sequenza di errori politici, scivoloni, gaffe inanellata da Donald Trump nelle ultime settimane, e culminata nella batosta del suo candidato Herschel Walker in Georgia - senza contare le grane giudiziarie - potrebbe essere fatale per le ambizioni di rivincita presidenziale del tycoon.

L'impresentabilità dei candidati sostenuti da Trump nelle elezioni di midterm è stata confermata dalla sconfitta di Walker, che ha consegnato ai Democratici un agevole controllo del Senato (51-49) nel nuovo Congresso. Lo sdoganamento dell'antisemitismo, con la cena a Mar-a-Lago insieme al rapper Kanye West e alla sua improbabile compagnia di negazionisti dell'Olocausto, come lo YouTuber Nick Fuentes, ha aperto una ferita probabilmente insanabile con una parte dell'establishment del partito e dell'elettorato. I recenti commenti sulla Costituzione, hanno spinto perfino i suoi critici e avversari più timidi a gridare all'oltraggio. Anche Elon Musk, che aveva sfidato la rivolta degli inserzionisti e di milioni di utenti di Twitter pur di riabilitare l'account del tycoon, ha sentenziato: «La Costituzione è più grande di qualsiasi presidente. Punto». Un giudizio politico che fa il paio con quello espresso da Mitch McConnell, il potente leader della minoranza repubblicana al Senato, sempre attento a non scontrarsi frontalmente con Trump: «È difficile che chi crede che la Costituzione debba essere sospesa possa giurare come presidente degli Stati Uniti».

Gli inciampi di Trump - tra l'altro, martedì la sua Trump Organization è stata condannata per frode fiscale - fanno annusare ai suoi avversari interni «l'odore del sangue», come titola The Hill all'indomani della sconfitta in Georgia. Il tycoon è al momento l'unico candidato dichiarato per la nomination repubblicana 2024. L'impazienza con la quale ha voluto annunciare la sua voglia di rivincita è stata un altro errore di calcolo, alla luce delle sconfitte di midterm, che lo proiettano come perdente nel confronto con altri possibili candidati. Tra questi, il nome più accreditato rimane quello di Ron DeSantis. Il governatore della Florida, confermato a furor di popolo, rimane concentrato sull'Inauguration del 3 gennaio. Per un posto in prima fila gli invitati vip pagheranno fino a un milione di dollari in donazioni. Questo, mentre finanziatori illustri, come il ceo del fondo Blackstone, Stephen Schwarzman, hanno già annunciato che non sosterranno più Trump. E se l'eventuale messaggio di DeSantis per conquistare la Casa Bianca farà appello ai valori tradizionali del Gop, come «law and order», c'è poi una pattuglia di possibili candidati, come Ted Cruz e Marco Rubio, che puntano invece a riconquistare la working class che si era affidata a Trump nel 2016, per poi rivolgersi nuovamente ai Dem nel 2020. Sia Cruz che Rubio nei giorni scorsi si sono schierati in Senato col socialista Bernie Sanders nel sostenere le ragioni dei sindacati dei ferrovieri, contrari all'accordo contrattuale imposto proprio da Biden, «il presidente più pro-sindacati della Storia», come ama definirsi.

Un paradosso politico che ha come obiettivo la nomination 2024.

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