Donald Trump avrebbe preferito festeggiare diversamente il primo anniversario della sua rielezione. Non che i sondaggi gli lasciassero molta speranza, ma ascoltare Zohran Mamdani che nella notte della vittoria elettorale si rivolgeva direttamente a lui - "Donald Trump, so che stai guardando, alza il volume!" - mettendo a nudo la sua sconfitta, deve essere stato difficile da digerire. Più che le battute d'arresto dei candidati trumpiani a governatore, in Virginia e New Jersey a vantaggio delle democratiche-centriste Abigail Spanberger e Mikie Sherrill, è il risultato di New York a pesare. Sia per la sua risonanza, che per il ridimensionamento del tycoon, il cui potere era finora apparso inarrestabile: a nulla sono servite le minacce di bloccare i fondi federali alla città in caso di vittoria di Mamdani, né l'endorsement per l'ex democratico Andrew Cuomo.
A preoccupare è anche il terreno di scontro scelto dal "socialista" Mamdani, quello della affordability. Il costo della vita, divenuto insostenibile per milioni di newyorchesi e decine di milioni di americani nel resto del Paese. "Make America affordable again", era stato uno degli slogan vincenti di Trump nella campagna elettorale. Dati alla mano, i proclami della Casa Bianca si confrontano con la realtà che gli americani sperimentano ogni giorno alle casse dei supermercati. È Steve Bannon, l'ideologo Maga, a dare la sveglia ai suoi. La vittoria di Mamdani "dovrebbe essere un campanello d'allarme" in vista delle elezioni di midterm del prossimo anno, ha detto in un'intervista a Politico. "Le persone devono sentire che l'economia sta funzionando per loro". Il programma economico di Trump "è quello giusto. Deve solo essere eseguito" e "trascorrere così tanto tempo in Medioriente e dietro l'Ucraina" non aiuta, è il giudizio dell'ex stratega trumpiano. Una situazione aggravata in queste settimane dallo shutdown del governo e dallo stop ai programmi di assistenza federali, come quello per i sussidi alimentari, che spesso vanno a beneficio proprio dei "Red States", gli Stati repubblicani. A giorni si rischia anche la paralisi dei trasporti aerei, e il lungo weekend di Thanksgiving è dietro l'angolo.
Evidentemente, il tentativo di addossare ai Democratici l'intera responsabilità della chiusura, ormai la più lunga della storia Usa, non ha funzionato. "L'assenza del nome Trump sulla scheda elettorale e lo shutdown sono state le due ragioni per cui i repubblicani hanno perso le elezioni stasera, secondo i sondaggisti", ha scritto nell'immediato il presidente su Truth. E ancora, dopo la notte elettorale da incubo, davanti ai senatori repubblicani convocati alla Casa Bianca ha ammesso: "La notte scorsa non ci aspettavamo una vittoria. Ma abbiamo imparato molto". Trump è tornato a chiedere ai "suoi" senatori di forzare i regolamenti e mettere fine al filibuster, la procedura che richiede la soglia di 60 voti per l'approvazione di gran parte delle leggi. "Dobbiamo riaprire il governo", ha detto. Ma i Repubblicani non hanno per ora intenzione di seguire le sue indicazioni, temendo che un prossimo Senato a maggioranza Dem finisca per ripagarli con la stessa moneta, approvando leggi a maggioranza semplice.
A turbare l'anniversario della riconquista della Casa Bianca c'è un'altra possibile tegola.
In un'udienza molto attesa, la maggioranza dei giudici della Corte Suprema è apparsa scettica verso le argomentazioni dell'Amministrazione a favore dei poteri di emergenza invocati da Trump per imporre i suoi dazi. Una bocciatura potrebbe avere conseguenze enormi per la sua Presidenza.