Il Russiagate fa un'altra vittima illustre e si avvicina sempre più alla Casa Bianca. Dopo Paul Manafort, l'ex capo della campagna elettorale di Donald Trump accusato anche di cospirazione contro gli Usa, è l'ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn a essere incriminato nell'inchiesta che turba il sonno del presidente americano da quando ha messo piede a Pennsylvania Avenue.
Il procuratore speciale Robert Mueller lo ha accusato di aver rilasciato false dichiarazioni all'Fbi sui suoi contatti con Mosca, e il generale, comparso ieri mattina davanti alla Corte federale di Washington, si è dichiarato colpevole. La Casa Bianca ha gettato acqua sul fuoco, dicendo che il caso riguarda solo Flynn, ma la nuova svolta nelle indagini arriva in un momento particolarmente delicato, con il tycoon e i leader repubblicani che stanno cercando di far approvare la riforma fiscale. «Le mie azioni sono state sbagliate - ha affermato Flynn in tribunale -. La dichiarazione di colpevolezza e la volontà di cooperare con il procuratore speciale riflettono la decisione che ho preso nel miglior interesse della mia famiglia e del mio Paese». «Accetto la piena responsabilità delle mie azioni», ha poi precisato il generale, che rischia fino a un massimo di cinque anni di carcere e una sanzione da 250 mila dollari.
Flynn, nominato da The Donald consigliere per la sicurezza nazionale, è stato costretto alle dimissioni dopo soli 25 giorni, lo scorso febbraio, per aver nascosto i contatti con l'ex ambasciatore russo a Washington (anche al vice presidente Mike Pence). Fedelissimo della prima ora del tycoon, sino ad ora si era sempre rifiutato di collaborare, ma adesso la sua ammissione di colpevolezza porta Mueller sempre più vicino al clan Trump, incluso il genero Jared Kushner. Il suo coinvolgimento è più serio rispetto alle incriminazioni di Manafort, del suo ex socio Rick Gates e del collaboratore volontario della campagna, George Papadopoulos. Senza contare che l'ex direttore dell'Fbi James Comey, silurato da Trump nel maggio scorso, in Congresso disse che il Commander in Chief gli aveva chiesto insabbiare le indagini sul suo ex consigliere.
Secondo Abc News, Flynn ha assicurato la «massima cooperazione», e sarebbe pronto a testimoniare che l'allora candidato repubblicano «lo ha incaricato di avviare contatti con i russi». La Casa Bianca, da parte sua, ha fatto sapere tramite l'avvocato Ty Cobb che «le false dichiarazioni in oggetto rispecchiano le false dichiarazioni rese ai funzionari dell'amministrazione, che hanno portato alle sue dimissioni in febbraio. Nulla riguardo la dichiarazione di colpevolezza coinvolge qualcun altro al di fuori di Flynn». «La conclusione di questa fase del lavoro del procuratore speciale - aggiunge Cobb - dimostra ancora una volta che si sta muovendo rapidamente per una veloce e ragionevole conclusione» delle indagini. I colloqui tra il generale e l'ex ambasciatore finiti nel mirino sono due, entrambi avvenuti nel dicembre scorso, durante la transizione presidenziale. Nel primo Flynn avrebbe fatto pressioni su Kislyak per aiutare Usa e Israele a far naufragare in Consiglio di Sicurezza Onu una risoluzione di condanna degli insediamenti in territorio palestinese. Nella seconda conversazione, invece, avrebbe chiesto a Mosca di evitare una escalation nei rapporti con Washington dopo l'annuncio delle sanzioni da parte dell'amministrazione Obama, legate alle interferenze del Cremlino sulle presidenziali 2016.
L'ex consigliere, 58 anni, in passato ha fatto parte anche della squadra di Obama: nel 2012 il 44esimo presidente Usa lo ha scelto per guidare la Defence Intelligence Agency (Dia), ma due anni dopo è stato costretto a lasciare l'incarico per divergenze.
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