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Tunisia, il rischio tumulti per la preghiera islamica. Via il capo della tv di Stato

Massima allerta per oggi. Il presidente Saïed caccia anche il direttore dell'emittente pubblica

Tunisia, il rischio tumulti per la preghiera islamica. Via il capo della tv di Stato

Beirut. Il presidente tunisino Kaïs Saïed continua il suo giro di vite e prende di mira i politici corrotti. Ma lo scontro con l'opposizione rischia di trasformarsi in tumulti nel giorno della preghiera del venerdì di oggi. Il paese è in massima allerta. I tafferugli sono iniziati da quando Saïed ha preso il controllo del paese invocando l'articolo 80 della costituzione tunisina. Una mossa giustificata dalla crisi causata dall'instabilità politica e dalla crisi economica, aggravata dalla pandemia di coronavirus. Dopo il suo annuncio, Saïed ha licenziato il primo ministro Hichem Mechichi e altri membri del governo, ha promesso cambiamenti radicali del sistema politico e di sradicare la corruzione. Ha esteso il coprifuoco e imposto il divieto di assembramento a gruppi di più di tre persone. Ha anche vietato a politici e notabili di lasciare il paese. Da allora, la Tunisia è caduta in un silenzio inquietante che potrebbe essere interrotto in modo drammatico oggi.

Ma Saïed non è riuscito ancora a nominare un primo ministro ad interim e la promessa di lotta alla corruzione non è così dura come promesso. Finora nessun politico o uomo d'affari è stato arrestato. La stampa ha però annunciato diverse inchieste. Il portavoce del tribunale di primo grado ha dichiarato: «Il 14 luglio di quest'anno, il giudice per i crimini finanziari ha aperto un'inchiesta sul finanziamento delle campagne elettorali a tre partiti politici».

Questi includono il gruppo islamista Ennahda che detiene la maggioranza in parlamento e rischia per questo un ridimensionamento - , la formazione Qalb Tounes, guidata dal magnate dei media Nabil Karoui, e il raggruppamento Aych Tounes che non è riuscito a conquistare alcun seggio alle elezioni. Karoui stesso è stato rilasciato solo di recente dal carcere perché sotto inchiesta per accuse di frode.

Saïed sulla questione però si è sbilanciato. Ha dichiarato che il numero di coloro che hanno saccheggiato il denaro del paese ha raggiunto 460, pari a 13,5 miliardi di dinari (4,8 miliardi di dollari), e ha aggiunto di avere un elenco dei nomi di coloro che hanno rubato. Saïed ha anche accusato i deputati di nascondersi dietro l'immunità parlamentare e ha precisato che i fondi sottratti devono essere restituiti al popolo tunisino. Inoltre, ha confermato che chi tenterà di distruggere i documenti se ne assumerà la responsabilità davanti alla magistratura. E ha annunciato la preparazione di un testo normativo per la restituzione dei fondi trafugati. Secondo molti analisti le azioni del presidente sembrano essere una mossa per rassicurare coloro che potrebbero avere dubbi sulle misure estreme adottate negli ultimi giorni.

Nel frattempo le purghe continuano. Saïed ha licenziato pure il direttore della televisione pubblica nazionale Mohamed Lassaad Dahech, e lo ha sostituito con un giornalista che in precedenza aveva ricoperto già questo incarico ad interim, Awatef Dali. Ma oltre che dal tumulto politico, la nazione nordafricana è afflitta da una paralizzante crisi economica, dall'aumento dell'inflazione e da un'elevata disoccupazione, nonché dal moltiplicarsi delle infezioni da Covid-19. La giovane democrazia è stata spesso citata come l'unica storia di successo della Primavera araba.

Ma un decennio dopo, molti nella nazione di 12 milioni di persone affermano di aver visto pochi miglioramenti negli standard di vita e si sono infuriati per il prolungato stallo politico causato dalle lotte intestine tra l'élite al potere.

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