Tutte le giravolte di Compagna, il senatore dagli 11 partiti

Jacopo Granzotto

Nell'era dei voltagabbana è riuscito nell'impresa di spazzare il poco onorevole record di Dorina Bianchi, la parlamentare flipper, capace di cambiare casacca sette volte senza svoltare. Giri di valzer, trasformismo di seconda mano, pentitismo. Lui - il primatista - è il senatore Luigi Compagna da Napoli, 68enne docente universitario, figlio di Francesco, ministro dei Lavori pubblici dei governi Andreotti e Forlani. È a quota 11. Solo nell'attuale legislatura ha cambiato partito sei volte. La sua terra promessa è itinerante: dal Misto a Grandi autonomie e libertà. Poi ad Area popolare, poi di nuovo al Gal e di nuovo in Ap, poi ancora al Gal e infine ai conservatori riformisti di Fitto. Si giustificò sostenendo che dal Misto all'inizio se ne era andato perché era stato monopolizzato da Sel. Quindi era arrivato al Gal prima di andarsene ad Ap. La spola successiva tra Gal ed Ncd, secondo lui, era imputabile a errori tecnici degli uffici del Senato. Militerà per un po' tra i fittiani, poi si vedrà. Gira che ti rigira una poltrona si trova sempre. In effetti, Compagna, ha sempre avuto la mente aperta al cambiamento. Anche tra la Prima e la Seconda Repubblica passò dal Pri al Pli, poi ai socialisti post craxiani, l'Udr ecc. L'inquietudine di questi tempi è segno del disgregamento dei grandi partiti e del bisogno irrefrenabile di ritagliarsi posizioni all'altezza. In questa bufera di tentennante idealismo chi ci ha rimesso di più è stato l'originario Pdl, che al momento ha un saldo negativo di 96 parlamentari. Anche se qualcuno, ad esempio D'Alì prima e Schifani e Azzollini poi, hanno deciso di rientrare da Berlusconi mal sopportando l'ultimo Alfano e le troppe concessioni a Renzi. Se nella scorsa legislatura i cambi di gruppi erano poco più di quattro al mese, nell'attuale ogni 30 giorni almeno 10 parlamentari cambiano casacca.

Il 10 maggio 1928 dalla sua prigione Antonio Gramsci scriveva alla cara madre: «Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a

dare la vita e non solo a stare in prigione. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme se vogliono conservare onore e dignità di uomini». Altri tempi, altra gente.

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