Non c'è solo il «caso Muraro» dietro alla retrocessione di Luigi Di Maio nel gotha del M5S, ma anche il «caso Marra». Fu l'aspirante premier grillino a fare da spalla a Virginia Raggi nella temeraria operazione agostana che l'ha vista opporsi al Direttorio per appoggiare il fedelissimo vice capo di gabinetto e far fuori i «tecnici» calati dall'alto dai Cinque Stelle, per garantire legalità e trasparenza in Campidoglio in continuità con la gestione Tronca, dal magistrato Carla Raineri al superassessore Marcello Minenna.
E ora ad aggravare la posizione di Di Maio e della Raggi per aver «protetto» Marra, spunta lo scandalo raccontato da L'Espresso dell'attico comprato nel 2010 dall'allora direttore del Patrimonio e della Casa nella giunta Alemanno, con uno sconto del 40 per cento (728 mila euro invece di 1.204.000 di mercato) dal gruppo di Sergio Scarpellini, il costruttore che fa affari milionari con il Comune, definito da Grillo «un evasore di Iva» e da Di Battista «un gentleman detto er cavallaro».
Su Marra, insomma, Di Maio rischia di bruciarsi più della Raggi. All'inizio, il vicepresidente della Camera condivideva la linea comune pro «tecnici» e contro il chiacchieratissimo Marra, non solo per la sua collaborazione con il centrodestra. Anche lui aveva favorito con Carla Ruocco la nomina del dirigente Consob Minenna ad assessore e della Raineri, a lui collegata, a capo di gabinetto.
La Raggi aveva ingoiato il rospo, ma aspettava il momento di rivendicare la sua autonomia, sobillata dal «raggio magico», il terzetto Marra, vicesindaco Daniele Frongia e capo della segreteria Salvatore Romeo. Grillo intanto era deciso a far pulizia nello staff. Raccontano che a Minenna abbia mandato in piena estate un sms così: «Marra fuori!». Salirono in Campidoglio esponenti del M5s come l'europarlamentare Fabio Massimo Castaldo, assicurando che il vicecapo di gabinetto era prossimo all'uscita. E a questo punto, la Raineri spiegò alla sindaca che nel gabinetto intendeva confermare come vicario Virginia Proverbio e come vice le proponeva di scegliere fra tre dirigenti di polizia, carabinieri e polizia municipale. Insomma, Marra fuori.
È stata la scintilla. La Raggi e il suo fedelissimo andarono da Di Maio e riuscirono a convincerlo, non si sa come. Il suo fu un voltafaccia in piena regola, ma bizantino. Appoggiò dietro le quinte la ribellione della Raggi. Per la Muraro, nascose al Direttorio la notizia che fosse indagata, per Marra aiutò la sindaca a impuntarsi e far saltare, con dimissioni a catena, i «tecnici» che dovevano consigliarla e sorvegliarla.
Anche dopo il diktat del Movimento, Marra non è saltato anzi è diventato capo del personale.
Ora dovrà spiegare quel mezzo milione di euro risparmiato comprando l'attico di Scarpellini, che per di più acquistò casa sua al triplo del prezzo pagato 7 anni prima, con uno strano giro di assegni. E Di Maio, prima o poi, dovrà spiegare perché con la Raggi l'ha tanto difeso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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