Tutti contro The Donald: l'Nba boicotta i suoi alberghi E i newyorchesi i suoi palazzi

Tutti contro The Donald: l'Nba boicotta i suoi alberghi E i newyorchesi i suoi palazzi

Dagli a Donald. Sembra ormai diventata una moda, dagli Stati Uniti al resto del mondo. Attaccare il presidente eletto a prescindere. Un motivo si trova, i pretesti non mancano. E così anche l'Nba, la lega professionistica del basket a stelle e strisce, si rivolta contro Trump e cerca in qualche modo di boicottarlo. Tre squadre della lega, Milwaukee Bucks, Memphis Grizzlies e Dallas Mavericks hanno cancellato le prenotazioni dagli hotel con il marchio Trump presenti a New York e Chicago ed altre squadre sarebbero pronte a seguire il loro esempio.

Non è un mistero che in molti nel mondo del basket, anche senza una presa di posizione ufficiale della lega, avevano appoggiato apertamente Hillary Clinton. Un po' perché molti protagonisti sono afroamericani e criticano le posizioni di Trump sull'immigrazione, un po' perché Barack Obama è stato da sempre vicinissimo all'ambiente, come tifoso e come esperto. E in campagna elettorale icone del movimento come Lebron James, stella dei Cleveland Cavaliers freschi di titolo, si erano schierati apertamente con la Clinton. E ora la presa di posizione dei team.

Non è solo una decisione di facciata o puramente ideologica. Per esempio Mark Cuban, tycoon della new economy e proprietario dei Dallas Mavericks, è stato tra i principali sostenitori nella campagna elettorale di Hillary Clinton. Esattamente come Marc Lasry, socio dei Milwaukee Bucks e democratico dichiarato. Si tratta quindi di una sorta di vendetta contro il presidente eletto che ha di fatto scombinato i loro piani anche dal punto di visto economico. Ma oltre alla ritorsione c'è anche un sentimento condiviso da parte di molti protagonisti di una lega che muove interessi economici multimiliardari. «Il nuovo presidente è razzista e misogino», ha tuonato Stan Van Gundy, tecnico dei Detroit Pistons, mentre Gregg Popovich, allenatore-icona dei San Antonio Spurs, ha aggiunto: «Ho avuto mal di stomaco: temo che si alzerà il livello di intolleranza degli Stati Uniti».

Ma quella del basket non è la sola «rivolta» di immagine nei confronti di The Donald. «Siamo imbarazzati di vivere in un palazzo che porta il nome del presidente eletto».

Con questa motivazione centinaia di residenti di New York, che abitano in tre palazzi sulla cui entrata campeggia il nome Trump, hanno firmato una petizione perché le scritte fossero rimosse. Petizione accolta: via il nome via il pensiero. Ma il presidente Trump, piaccia o no, rimane. E il gioco dagli a Donald continua.

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