Non una distrazione, non una fatalità. La soldatessa americana in servizio alla Base Usaf di Aviano che nella notte tra sabato e domenica ha investito e ucciso il 15enne Giovanni Zanier era ubriaca. Ora c'è la conferma: il tasso alcolemico nel suo sangue era di 2,09 grammi, quattro volte superiore al limite consentito. Dopo l'arresto facoltativo compiuto dai carabinieri, come previsto dal Codice penale, da ieri Julia Bravo si trova invece agli arresti domiciliari all'interno della base friulana. L'accusa resta quella di omicidio stradale e il risultato degli esami tossicologici modifica solo in parte il quadro giudiziario ipotizzato nei confronti della 20enne, ma ora si aggrava la sua posizione. Secondo la ricostruzione degli inquirenti Giovanni stava camminando sulla pista ciclabile insieme a due amici, tenendo con le mani la propria bicicletta. Come nelle notti precedenti, anche sabato la strada era stata lasciata al buio di notte per le politiche di risparmio energetico decise dal comune di Porcia, in provincia di Pordenone. Ed è intorno alle 2.30 che l'utilitaria guidata dalla soldatessa sbanda e lo travolge in pieno. Il 15enne di Pordenone muore pochi minuti dopo l'impatto. La giornata di ieri è stata invece tutt'altro che transitoria: mentre il comandante della base americana a capo del 31st Fighter Wing, Generale Tad D. Clarck, ha espresso «il suo sentito cordoglio e vicinanza ai familiari della giovane vittima e alla comunità italiana», il luogo dell'impatto si è trasformato in una meta di pellegrinaggio silenziosa e distopica, dove in centinaia sono arrivati per un momento di silenzio o per posare un mazzo di fiori. Ma col trascorrere delle ore la vicenda si sta già spostando sui binari giudiziari, a causa delle particolari circostanze che torneranno a mettere le autorità italiane e statunitensi le une di fronte alle altre. Gli Stati Uniti potrebbero infatti appellarsi agli accordi internazionali che prevedono, attraverso una serie di step, che i militari statunitensi responsabili di reati all'estero possano essere giudicati nel loro Paese, evitando il processo in Italia. Lo prevede la Convenzione di Londra del 1951 sulla giurisdizione dei militari Nato in Europa e così è già accaduto diverse volte: ad esempio dopo il disastro della funivia del Cermis nel 1998, quando un aereo militare della United States Marine Corps, volando a una quota inferiore a quanto concesso e in violazione dei regolamenti, fece precipitare la cabina e provocò la morte dei 20 turisti. In quel caso il processo ai soldati autori della strage, partiti dalla base aerea di Aviano, venne celebrato negli Stati Uniti e ci furono anche tensioni per il risarcimento ai familiari delle vittime inizialmente stanziato dal Senato americano. Solo nel 1999 il Parlamento italiano approvò la legge che prevedeva un indennizzo per i familiari dei deceduti pari a 4 miliardi di lire per ogni vittima. Ma c'è anche il caso di violenza sessuale di un aviere (ancora una volta della base di Aviano) su una 14enne, nel 2002. Dopo l'esplosione della vicenda, l'allora ministro della Giustizia inizialmente firmò la rinuncia al processo in Italia, ma di fronte alle vive proteste del legale della ragazza fece marcia indietro. Per il caso drammatico della morte di Giovanni Zanier e per il processo a carico di Julia Bravo, invece, le bocche sono ancora cucite.
Intanto, però, nelle scorse ore sui social della base Usaf di Aviano si è riversata la rabbia di diversi utenti. A poco è servito il messaggio di cordoglio del comandante; «assassini», recitano invece alcuni commenti. Antonio Borrelli
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