Milano Si continua a morire per colpa di scriteriati che si mettono ubriachi al volante: ma adesso, almeno, si può sbatterli in galera. A quasi due anni dalla sua entrata in vigore, ieri la legge sull'omicidio stradale deve, purtroppo, venire nuovamente applicata: a Milano finisce a San Vittore l'automobilista che sabato sera ha travolto e ammazzato un pensionato di ottantotto anni e si era dato alla fuga. Il pm di turno ne dispone l'arresto immediato: prima della legge, non sarebbe stato possibile.
È la sesta volta, da quando la legge è stata approvata, che a Milano scatta l'accusa di omicidio stradale. Le cronache di questi due anni raccontano che a trasformarsi in criminali del volante sono automobilisti dagli identikit più disparati: giovani e adulti, seri professionisti e balordi. Il protagonista del nuovo episodio è un italiano incensurato: si chiama Alessandro Ghezzi (cognome che più milanese non si può), 44 anni, geometra. Non era la prima volta che se ne fregava del codice della strada, tanto che a dicembre del 2016 gli era stata revocata la patente. Ma l'altro ieri si è messo ugualmente al volante della sua Bmw serie 3, senza patente e senza assicurazione, e con in corpo abbastanza alcool da azzerargli i riflessi (le analisi, compiute a parecchie ore di distanza, rilevano un tasso di 1,58, il triplo del massimo consentito). Così poco dopo le 20, all'angolo di via Michelino da Besozzo, nella zona di viale Certosa, perde il controllo e centra in pieno un pensionato di 88 anni che se ne andava tranquillo per la sua strada. Sandro Orlandi era andato al circolo dove passava molte delle sue serate, di solito lo accompagnava a casa un amico: «Ma stasera non ho fatto in tempo, ed ecco quello che è successo. Ma come si fa a non fermarsi neanche?» dirà poi l'amico, cui è toccato il triste compito di riconoscere la vittima.
Orlandi viene investito in pieno e lanciato venti metri più in là, muore praticamente all'istante. La Bmw prosegue la sua corsa impazzita, centra un'altra auto vuota, poi una con a bordo una donna che fortunatamente non subisce conseguenze. Il geometra Ghezzi non può dire di non essersi accorto di quanto aveva combinato. Eppure (o forse proprio per questo) si allontana a tutta velocità, arriva a casa, parcheggia in cortile. Ma un agente della polizia stradale - che ha la sede accanto al luogo dello schianto - è riuscito a prendere la targa. Quando mezz'ora dopo la polizia locale va a bussare a casa di Ghezzi, lo trova tutto sporco di sangue, con le mani tagliate dal parabrezza che è esploso. Cerca di negare tutto, rifiuta di fare l'alcoltest, fa resistenza passiva agli agenti che lo vogliono portare in carcere. Alla fine il prelievo glielo fanno per forza, e conferma: il geometra era ubriaco.
Ora è in cella, in attesa della convalida e del processo.
Intanto due dei sei automobilisti arrestati a Milano per omicidio stradale sono già stati giudicati e condannati: uno a sette anni, l'altro a sette e mezzo. Pene pesanti, che però nelle intenzioni del legislatore sono le uniche in grado di fare capire agli italiani una verità che dovrebbe essere ovvia: quando si ha bevuto, non si guida un'automobile.