Uno dei tasselli della tragica fine di Giulio Regeni è il suo telefonino mai più ritrovato. Sul cellulare aveva contatti e messaggi, che possono aver scatenato un pesante interrogatorio finito male di qualche squadra paramilitare egiziana. Questo era il timore dei nostri servizi fin dalla sparizione del giovane friulano il 25 gennaio, quinto anniversario della rivolta di piazza Tahir contro il precedente regime. Regeni non era solo un ricercatore dell'università di Cambridge, al di sopra delle parti, ma un giovane schierato contro il nuovo corso dell'ex generale Abdel Fattah Al Sisi, come dimostrano i suoi scritti.Dal cellulare è partito l'ultimo suo segnale di vita: un sms ad un amico prima di sparire nel nulla. Gli investigatori italiani giunti al Cairo per indagare assieme agli egiziani vogliono capire quale sia stata l'ultima cella agganciata dal telefonino di Regeni e le altre sul suo tragitto. Così si individuerà la zona esatta della capitale dove è stato preso. E gli altri cellulari attorno compresi quelli dei suoi carnefici. Un altro punto di partenza delle indagini sono le immagini delle telecamere, fondamentali nel giorno dell'anniversario della rivolta, lungo la metropolitana che sarebbe stata presa da Regeni e fuori. A patto che gli egiziani collaborino veramente.Ad un certo punto la batteria del cellulare della vittima è stata staccata rendendo il telefonino non più rintracciabile. La sua sim, però, con contatti e messaggi, deve essere stata controllata attirando l'attenzione di chi lo ha torturato.Uno dei contatti era Hoda Kamel, che ieri pomeriggio ha partecipato alla fiaccolata davanti all'ambasciata italiana al Cairo in ricordo di Regeni. «Venne da noi per incontrare alcuni membri dei sindacati indipendenti per la sua ricerca - ha spiegato - L'ho visto circa cinque o sei volte, diciamo due volte al mese, assieme a rappresentanti sindacali». Kamel dirige l'organizzazione non governativa «Centro per i diritti economici e sociali», più volte perquisita dalla polizia. In dicembre è stato arrestato un altro ricercatore e giornalista, Ismail Alexandrani, collegato al comunista Khaled Alì dello stesso Centro. L'accusa è di far parte dei Fratelli musulmani, fuorilegge in Egitto e di aver diffuso notizie false. L'avvocato del Centro per i diritti economici e sociali, che si occupa di Alexandrani, è uno dei primi legali ad aver lanciato l'allarme per Regeni.Non a caso «diversi amici e colleghi» del giovane friulano sono stati interrogati negli ultimi giorni dalla polizia, che non ha arrestato alcun sospetto, come era stato annunciato da fonti anonime della sicurezza venerdì sera. Il generale Ashraf al Anany, dell'ufficio stampa del ministero dell'Interno del Cairo, ha smentito qualsiasi arresto di criminali comuni legati al caso. Fra false notizie e depistaggi l'ultima indiscrezione egiziana è che non si esclude la pista di «gruppi di estremisti» intenzionati a sabotare le relazioni tra Egitto e Italia.Ieri la salma di Regeni è tornata in patria assieme ai genitori del ragazzo friulano. Ad attenderli il ministro della Giustizia Andrea Orlando ed il presidente della Commissione Esteri, Pier Ferdinando Casini.
«Sono presente per affermare il mio profondo cordoglio e quello del governo» oltre «alla volontà che si arrivi al più presto alla verità e sia fatta giustizia» ha detto Orlando.Il corpo è stato trasportato al Policlinico di Roma Umberto I per l'autopsia: secondo le prime analisi, oltre agli «evidenti segni di tortura», il giovane sarebbe morto per un colpo ricevuto alla testa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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