Cronaca nera

Ucciso in strada a 18 anni. "Aveva pestato un piede"

Francesco, giovane pizzaiolo, colpito al petto tra la folla in una violenta lite tra due comitive

Ucciso in strada a 18 anni. "Aveva pestato un piede"

Morire a 18 anni con un proiettile in petto sparato da qualche sconosciuto senza un perché. Succede a Napoli, in una serata come tante, mentre si sta in giro con gli amici al termine di una giornata di lavoro. Francesco Pio Maimone è stato ucciso per errore domenica notte, verso le 2,30, a pochi passi da uno degli chalet di Mergellina, sul lungomare, uno dei punti critici della movida napoletana, spesso teatro di risse, rapine e agguati anche di matrice camorristica.

Ma questa volta la camorra non c'entra. Si sarebbe trattato di un errore perché a quanto pare non era la giovanissima vittima il vero obiettivo di quel proiettile sparato nel bel mezzo di una lite tra due gruppi scoppiata per un pestone ad un piede tra la folla. Il ragazzo non sarebbe stato neppure coinvolto nella discussione tra le comitive. Eppure il proiettile lo ha centrato e non gli ha lasciato scampo. Dopo essere stato portato al pronto soccorso dell'ospedale Vecchio Pellegrini in condizioni disperate è morto poco dopo le tre nonostante i tentativi dei medici di rianimarlo. Un omicidio assurdo, nato da un motivo banale come un piede pestato involontariamente ad un giovane. Sarebbero state le testimonianze raccolte dagli uomini della squadra mobile e le immagini delle telecamere di sorveglianza presenti nell'area dell'agguato ad indirizzare le indagini in questa direzione. Un «affronto», quel pestone, che qualcuno ha pensato di risolvere tirando fuori una pistola e sparando prima un colpo in alto, poi almeno due-tre ad altezza uomo, senza neppure arrivare alle mani. A terra la polizia scientifica non ha trovato bossoli, segno che chi ha sparato ha utilizzato un revolver. «Checco», come lo chiamavano tutti, aveva da poco finito il turno in pizzeria, il suo sogno era di aprirne una tutta sua un giorno, ed era uscito con gli amici. Si trovava all'altezza dello chalet «da Sasà» quando si è ritrovato coinvolto in una lite tra giovani che forse conosceva di vista, ma che non avevano nulla a che fare con lui. Probabilmente non faceva parte di nessuno dei due gruppi coinvolti. In un primo momento si era pensato ad una faida tra clan rivali, ad un regolamento di conti legato alla camorra, ma poi le indagini hanno preso un'altra strada. Il ragazzo, che abitava in un complesso di case popolari di Pianura, era incensurato e anche i suoi amici. Non aveva a che fare con gli ambienti malavitosi, né con quelli dello spaccio di droga. Anche se conosceva alcune persone legate ad un clan della zona e gli accertamenti della polizia approfondiranno comunque ogni aspetto, probabilmente si è soltanto trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Gli investigatori, che hanno già raccolto diverse testimonianze, stanno cercando di identificare tutti coloro che si trovavano nei pressi dello chalet per cercare elementi utili all'individuazione del responsabile, di cui al momento non c'è traccia.

«A Napoli c'è la necessità di avere maggiore presidio, soprattutto notturno, in zone molto vive», ha commentato il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che sul punto ha sollecitato il sindaco e il prefetto.

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