ul Papa in visita in Centrafrica piomba l'incubo Boko Haram

di Luigi GuelpaEra dai tempi della delirante incoronazione di Jean Bedel Bokassa che non si vedeva una Bangui così tirata a lucido. Correva l'anno 1977 e il dittatore cannibale, con il sostegno di Giscard d'Estaing, si autoproclamava imperatore d'Africa e, fatto ben più grave, 13esimo apostolo. Spogliata dai deliri di onnipotenza, la Repubblica Centrafricana che papa Francesco si appresta a visitare è una nazione complicata che tenta invano di nascondere una guerra civile che ormai dal 2012 semina morte. Nel marzo del 2013 i ribelli musulmani della coalizione Seleka hanno deposto il presidente cattolico Francois Bozizé, fuggito in Camerun. In contrapposizione sono nate le milizie cristiane degli «Anti-Balaka», anti machete, decisive nell'appoggiare l'ascesa di un nuovo presidente, Michel Djotodia, costretto però a fare le valigie nel gennaio dello scorso anno. Senza dimenticare il reclutamento di 15mila soldati-bambino e le violenze in tutto il Paese che ad oggi hanno provocato almeno 6mila morti e oltre un milione di sfollati. Papa Bergoglio, che a Bangui il 29 novembre aprirà la porta Santa della cattedrale di Bangui, e che tenterà di ottenere da parte delle due fazioni in lotta qualcosa di simile a un cessate il fuoco, verrà accolto dalla presidentessa ad-interim Catherine Samba-Panza, che dovrebbe portare la Repubblica Centrafricana alle elezioni previste per fine dicembre, ma un ulteriore slittamente sembra assai probabile. La debolezza dell'attuale capo di stato sta però favorendo l'ingresso delle cellule di Boko Haram. A Gamboula, città a est della capitale al confine con il Camerun, esiste addirittura un campo d'addestramento jihadista. Il leader locale dei tagliagole nigeriani si chiama Suleiman Muhammed, che raccoglie finanziamenti con i rapimenti e il traffico di droga. Forse anche per queste ragioni, dopo l'allarme lanciato dagli 007 francesi, il Papa rinuncerà al gesto significativo ma molto pericoloso della visita alla moschea prevista per lunedì.In Kenya, dove papa Bergoglio atterrerà oggi intorno alle ore 15 italiane, il cancro somalo di Al Shabaab ha esteso ormai le sue mortali metastasi. L'assalto al centro commerciale Westgate del 21 settembre 2013 (71 morti) e l'eccidio al campus di Garissa (147 morti, nell'aprile dello scorso anno) sono soltanto gli episodi più clamorosi di un brutale braccio di ferro tra il governo del presidente Uhuru Kenyatta e i jihadisti del corno d'Africa che dopo aver colonizzato la Somalia stanno sfondando a est, minacciando soprattutto le attività turistiche del Paese, vero e insostituibile cuore economico del Kenya.All'apparenza l'Uganda sembra il paese meno pericoloso dei tre in cui il Papa soggiornerà nella visita pastorale. Ma la deriva jihadista solo in apparenza non ha mostrato i muscoli a queste latitudini. Se a Kampala le forze di polizia del comandante Kale Kayihura, che si è specializzato in antiterrorismo alla Maxwell Air Force di Montgomery (Alabama), potrebbero garantire un adeguato cordone di sicurezza a papa Bergoglio, i timori sono piuttosto legati ai «pendolari» del terrore. Il presidente Yoweri Museveni in persona ha denunciato la presenza di due leader dell'Aqmi nel suo paese.

Si tratta di appartenenti alla stessa cellula che venerdì scorso si è resa protagonista della mattanza all'hotel Radisson di Bamako. Non sono un mistero le frequentazioni tra i jihadisti maghrebini e il movimento politico di Justice Forum, fazione che vanta persino una rappresentanza nel parlamento ugandese.

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