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Un'altra promessa di Renzi & C.: "Reddito minimo di 320 euro al mese"

La misura interesserà un milione di poveri. E Poletti promette flessibilità a uscita pensionistica entro l'anno

Un'altra promessa di Renzi & C.: "Reddito minimo di 320 euro al mese"

Un sostegno al reddito con un assegno da 320 euro al mese. La misura, che interesserà un milione di poveri, sarà accompagnata da un piano per la loro inclusione sociale. Il reddito minimo è l'ultima promessa di Matteo Renzi agli italiani per cavarsi fuori dallo scontento scatenato dalle unioni civili e dalle emergenze che incombono sull'Italia.

La scorsa settimana il governo ha approvato il disegno di legge delega. Entro sei mesi dal via libera del parlamento arriveranno i decreti attuativi. Nel 2017 la riforma dovrebbe partire, ma già da quest'anno potranno essere utilizzati i 600 milioni stanziati nella legge di Stabilità. L'obiettivo è far crescere nel tempo sia l'indennità sia la platea di beneficiari (si comincerà dalle famiglie con minori) fino a coinvolgere tutti i quattro milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta. "È un cambiamento radicale - spiega il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in una intervista a Repubblica - perché nel nostro Paese non c'è mai stato un istituto unico nazionale a carattere universale per sostenere le persone in condizione di povertà. Vogliamo dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente. È una riforma che vale almeno quanto il Jobs act". "Chi riceverà l'assegno - precisa poi il ministro - avrà alcuni obblighi, come mandare i figli a scuola o accettare un'occupazione".

Di promessa in promessa si passa al sistema previdenziale. Il governo ha, infatti, confermato l'impegno a dare flessibilità all'uscita pensionistica entro quest'anno. "Entreremo nel merito solo con proposte precise", promette Poletti. Sul cosiddetto "lavoro agile", invece, il ministro fa sapere di non essere in possesso di stime: "So che i cambiamenti tecnologici sono molto più veloci dei cambiamenti sociali. E penso anche che le innovazioni tecnologiche possono da una parte bruciare posti di lavoro, ma dall'altra renderci più liberi nel lavoro. È un mix che il legislatore non può ignorare". Non saranno introdotti sgravi fiscali per incentivare il lavoro da casa.

"Anche se - fa notare - gli sgravi per il welfare aziendale previsti nella legge di Stabilità si muovono in quella direzione".

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