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Un'altra sconfitta per Conte: stop a condono e assunzioni

Sui temi più divisivi niente accordo. Franceschini perde la pazienza: almeno un dossier chiudiamolo

Un'altra sconfitta per Conte: stop a condono e assunzioni

E all'improvviso, verso le otto di sera, Dario Franceschini quasi perde la pazienza. «Non si può rimandare sempre tutto, cerchiamo di chiudere almeno un dossier». La situazione, a quel punto del vertice di maggioranza, visto pure lo stato burrascoso dei rapporti tra gli alleati, è desolante. Slittata la modifica del pacchetto sicurezza, messa in freezer fino a settembre la decisione del Mes nonostante l'offensiva Pd, congelate nelle ultime settimane altre scelte che avrebbero spaccato il governo, adesso che sul tavolo c'è il decreto semplificazione, secondo il ministro dei Beni culturali bisogna andare al dunque senza prendere ancora tempo. Così deve intervenire Giuseppe Conte per tranquillizzarlo: «Siamo in dirittura d'arrivo». Ma l'incontro, che registra «passi avanti», non è decisivo. I punti più divisivi, il condono edilizio e le assunzioni nella pubblica amministrazione, vengono stralciati. Per il premier una sconfitta.

Due mesi di rinvii, due commissioni di esperti al lavoro, due vertici di maggioranza già finiti nel nulla. Poi gli Stati generali, dieci giorni abbondanti di tante parole e pochi fatti nella cornice barocca di Villa Pamphilj, ottima per le photo-opportunity. Ora però, dopo le liti, per l'atteso decreto semplificazione sembra davvero una questione di ore. Quarantotto articoli per velocizzare gli appalti, rendere più agili permessi e concessioni, ridurre vincoli e firme, dare spinta ai lavori pubblici, tagliare almeno qualche unghia alla burocrazia. L'hanno chiamata «fase tre», dovrebbe far ripartire l'Italia dopo il Covid e fare da base al Recovery plan europeo: impegni e riforme in cambio di tanti soldi.

Insomma, dovremmo essere ai dettagli, peccato che le bozze fatte circolare lunedì da Palazzo Chigi abbiano riacceso le tensioni interne. I Cinque stelle puntano a replicare il modello Genova, i renziani insistono con la nomina di commissari per le grandi opere, il Pd non vuole buttare del tutto a mare il codice degli appalti, qualcuno solleva il pericolo che la sanatoria diventi un via libera all'abusivismo. Il vertice è stato convocato proprio per cercare un'intesa, pero subiti si dimostra un'operazione difficile. Oltre ai capi delegazione Franceschini, Bonafede, Speranza e Terranova, partecipano anche Gualtieri, Orlando, Faraone, Madia, De Petris: la posta in gioco è alta.

Il clima è teso. Pesano le ultime roventi polemiche sul Mes, il fondo che prevede 36 miliardi per la sanità, considerato dai grillini una longa manus di Bruxelles sul nostro futuro: la questione è ancora aperta. E in altri incontri si litiga sullo scostamento di bilancio: dieci miliardi o venti? Possiamo mettere in conto gli euro del Meccanismo di stabilità o no? Siamo, per inciso, già alla terza manovra straordinaria, dopo il Cura Italia da 25 miliardi e il decreto Rilancio da 55. A breve il governo dovrà preparare il Def e quel piano di ripresa al quale sperare di agganciare il Recovery fund.

Ma stavolta Conte ha fretta, vuole portare il provvedimento all'esame del Consiglio dei ministri in settimana. «Non c'è più tempo da perdere. Sono giorni di lavoro intensissimo e contiamo di arrivare presto a un risultato». Certo, ad allungare il brodo è stato proprio lui, e alcuni dei capi delegazione glielo ricordano. «Gli Stati generali - risponde il premier - non sono stati affatto inutili, abbiamo parlato con centinaia di associazioni di categoria è rappresentati del mondo del lavoro». Ora però bisogna stringere. Come ha detto Edoardo Bianchi, vicepresidente dell'Ance, «il decreto semplificazioni è l'ultimo treno per rilanciare l'Italia».

Basta che parta.

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