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Undici milioni a Tunisi per frenare gli sbarchi: missione impossibile

Di Maio e Lamorgese si fanno accompagnare da due commissari. Promesse e zero risultati

Undici milioni a Tunisi per frenare gli sbarchi: missione impossibile

Ci sono andati in due e, come se non bastasse, si son portati dietro una coppia di commissari europei pronti a garantire i finanziamenti reclamati da Tunisi per fermare i migranti in partenza e riprendersi quelli rispediti dall'Italia. Ma anche così la trasferta tunisina, affrontata ieri dal ministro dell'Interno Luciana Lamorgese e da quello degli Esteri Luigi Di Maio, resta una missione pressocché impossibile. Il perché è scritto nei numeri mestamente elencati dalla stessa Lamorgese nella rituale conferenza di Ferragosto. Quei numeri evidenziano la devastante Caporetto subita dal governo giallorosso sul fronte della lotta all'immigrazione. I 21.618 arrivi registrati tra l'1 agosto 2019 ed il 31 luglio 2020 (ovvero dall'addio al Viminale di Matteo Salvini ad oggi) sono il 148,7% per cento in più rispetto agli 8.691 migranti accolti tra il 1 agosto 2018 e il 31 luglio 2019 quando agli Interni c'era il leader della Lega. In questo contesto, già disastroso, il dato più devastante si registra proprio sul versante tunisino. Da lì sono approdati, dal primo gennaio, 8.984 irregolari contro gli 8.746 partiti da una Libia che, fino ad inizio dell'anno, continuava a detenere il record delle partenze. Ad acuire i problemi s'è aggiunta l'inerzia politica di una Lamorgese e di un Di Maio che per sette mesi si sono limitati ad osservare l'evidente spostamento, o raddoppio, delle rotte senza muovere un dito. Solo a fine luglio la responsabile del Viminale s'è decisa a volare a Tunisi per affrontare la questione con il presidente della Repubblica Kais Saied e il capo del governo designato e ministro dell'Interno uscente Hichem Mechichi. Incontri replicati ieri in compagnia del commissario europeo per l'Allargamento e la Politica di vicinato Oliver Varhelyi e a quello per gli Affari interni Ylva Johansson. Durante il vertice la Lamorgese e Di Maio hanno confermato l'impegno ad addestrare le forze tunisine incaricate di bloccare le partenze, garantire la manutenzione delle motovedette e fornire nuovi motori fuoribordo. Il Viminale ha sbloccato a favore della Tunisia 11 milioni per il controllo delle forntiere. I commissari europei si sono invece impegnati a valutare nuove forme di aiuto a Tunisi. Ma i soldi dell'Europa e la collaborazione promessa dai tunisini non risolveranno certo la situazione pregressa. Per capirlo basta considerare quanto spuntata sia l'arma dei rimpatri garantita, nel caso della Tunisia, da uno dei pochi trattati di riammissione stipulati dall'Italia. In base a quegli accordi possono venir rimandati a casa non più di ottanta migranti a settimana divisi su almeno due voli charter. Un'operazione che - oltre ad essere materialmente costosa - richiederebbe ben 84 settimane, quindi più di un anno e mezzo, soltanto per smaltire i 6.727 tunisini (dati del Viminale) arrivati in Italia dal primo gennaio. E a rendere il tutto più complesso contribuisce la lentezza con cui i consolati tunisini emettono i documenti indispensabili per il rimpatrio. Lentezza che si accentua quando un eccesso di rientri genera malcontento e proteste sul fronte interno. Proprio per questo è difficile immaginare che le promesse di aiuti garantite dai commissari Ue, e reiterate ieri al presidente Saied e al premier designato Mechichi, comportino modifiche sostanziali ed immediate. Per capirlo basta guardare cos'è successo dalla trasferta tunisina di fine luglio ad oggi. Allora una Lamorgese decisa a dimostrarsi energica e battagliera non esitò a definire «inaccettabile» il ritmo degli sbarchi.

Peccato che da allora ad oggi se ne contino già duemila in più.

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