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"Unione politica contro il terrore". La lettera che Renzi non scriverà

L'Ue contro i kamikaze ha mostrato i muscoli solo con la Russia. Ecco quello che il premier dovrebbe chiedere a Bruxelles per un nuovo rilancio

"Unione politica contro il terrore". La lettera che Renzi non scriverà

L'Europa oggi non è protagonista di nulla. Lascia fare al terrorismo islamico. Lascia fare all'America oggi tragicamente carente sul versante del contrasto al Califfato Nero. Lascia che l'immigrazione voluta e determinata dallo Stato islamico ci invada. L'unica decisione di politica estera presa è stata di farci del male da soli colpendo la Federazione Russa con le sanzioni.I fatti di Parigi ci costringono a un giudizio che deve destare una ribellione: ci dicono che l'Europa è stata impotente, inutile, passiva davanti allo Stato Islamico. Lo è diventata a causa della guida tedesca e della sottomissione ad essa degli altri Stati. Chi si ribella lo fa al massimo con una corta visione isolazionista come Cameron, che si umilia da solo nel proprio opportunismo dinanzi all'orrore delle stragi francesi. Il quale però ci ha insegnato un metodo. Scrivere una lettera che costringa l'Europa a rispondere, a dire sì o no.Si scusi se mescolo qui il mio ruolo di politico e di capogruppo di Forza Italia e di economista. Impossibile del resto oggi vedere l'economia come a sé stante rispetto al terrorismo islamico. Ieri a Palazzo Chigi ho annunciato al premier che avrei pubblicato una lettera a firma apocrifa di Matteo Renzi con tutto quello che dovrebbe scrivere al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, se avesse testa fredda e cuore caldo per cambiare l'Europa facendola essere quello che deve essere. Quattro modifiche queste sì davvero europeiste. Se no non ci sarà bisogno di referendum per uscire dall'Europa, muore da sola. Gliela regalo.

Caro Donald, i fatti di Parigi sono un segno terribile di questo tempo e scoprono l'impotenza dell'Unione Europea a fronteggiare la minaccia dello Stato Islamico. Perché essa sia quello che deve essere e che vollero i padri fondatori si impone una riforma. Facendo seguito alla lettera con cui David Cameron ha sottoposto alla Tua attenzione quattro fondamentali sfide che l'Ue dovrebbe affrontare (Governance economica, competitività, sovranità e immigrazione), mi permetto di «rilanciare» con altre quattro proposte. Occorre riconoscere le peculiarità e le particolari esigenze dei 19 paesi su 28 che, come l'Italia e a differenza della Gran Bretagna, sono membri non soltanto dell'Ue, ma anche dell'eurozona.I quindici anni dell'euro non sono stati facili, caratterizzati da una violenta crisi scatenata dall'attacco alle Twin Towers e da forti turbolenze causate dal susseguirsi di diverse e numerose bolle speculative, tutte originate negli Stati Uniti. Nonostante le difficili premesse, i mercati accolsero bene il Trattato di Maastricht e la moneta unica ha funzionato anche senza strumenti forti di controllo. Maastricht si basava su due cardini ma anche su due ipocrisie: il doppio egoismo di Stati «cicala» e di Stati «formica». La moneta unica ha portato vantaggi per entrambi, con modalità diverse. Gli Stati «cicala» hanno tratto beneficio dalla riduzione dei tassi di interesse, mentre gli Stati «formica» hanno beneficiato di un tasso di cambio di fatto favorevole, che ha rilanciato il commercio con gli altri Paesi e le esportazioni, nella totale assenza di politiche redistributive. È il caso della Germania.

La Germania - Il surplus dell'economia tedesca, in particolare il surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti (netta prevalenza delle esportazioni sulle importazioni) ha destabilizzato l'intera economia europea. In un'unione monetaria, il surplus di uno o più paesi produce più danni dell'eccesso di deficit di altre economie dell'Unione. Mentre con le monete nazionali, infatti, a un aumento eccessivo del surplus delle esportazioni di un paese segue sempre la rivalutazione della sua moneta; con la moneta unica lo Stato che consegue il surplus gode dei benefici derivanti da quest'ultimo, senza alcun meccanismo di riequilibrio, e il costo della rivalutazione della moneta ricade su tutti i paesi dell'area unica. Ed è per questo che in Europa si comprano tante Mercedes.Al contrario, un rapporto deficit/Pil eccessivo produce conseguenze tendenzialmente solo per il paese che lo genera. Perché, allora, oggi un minimo sforamento del rapporto deficit/Pil oltre il 3% espone gli Stati alla pubblica deplorazione, senza possibilità di appello, mentre il surplus della bilancia dei pagamenti viene considerato elemento di virtuosità? Nell'ottica di un'Europa in equilibrio, diventa prioritario colpire quest'ultimo comportamento. Se la Germania reflazionasse da subito, riducendo la pressione fiscale, aumentando la domanda interna, quindi i consumi, gli investimenti, i salari e le importazioni, si creerebbe un virtuoso clima di crescita, il tasso di inflazione aumenterebbe di quel tanto che basta, e si ridurrebbe il divario tra Bund e titoli di altri debiti sovrani. Tutta l'economia dell'area euro tornerebbe, così, sostenibile.

Il New deal europeo - Alla reflazione tedesca occorre affiancare poi un grande piano di investimenti, un New deal europeo, da almeno mille miliardi, freschi, approfittando dei bassi tassi di interesse, che rimarranno tali almeno nel medio periodo, e utilizzando la garanzia della Banca europea degli investimenti. Un piano finalizzato a una maggiore integrazione del mercato interno, in particolare nel settore dei servizi; a migliorare la regolazione e la normativa comunitaria; a costruire nuove infrastrutture; a migliorare i piani di approvvigionamento energetico; a dare impulso agli investimenti in ricerca, innovazione, capitale umano. Chi ha una rete ha un tesoro. Come le reti infrastrutturali sono state i catalizzatori della nascita degli Stati nazionali nell'800, così le reti europee dovranno essere i catalizzatori della nuova Europa. In tal modo, il Vecchio Continente non solo uscirebbe finalmente dalla crisi, ma troverebbe uno slancio che dalla creazione della moneta unica non ha mai avuto, diventando competitiva anche rispetto alle altre economie mondiali, e migliorerebbero anche le performance della Bce, con i suoi Quantitative easing, in quanto la politica monetaria tornerebbe a trasmettersi all'economia reale.

L'unione politica - Nella seconda metà di luglio, dopo la tempesta greca, nell'Unione europea sono state lanciate due proposte, opposte, di cambiamento: quella francese, annunciata da Hollande il 19 luglio e quella tedesca, fatta trapelare la settimana successiva dal settimanale Der Spiegel, nata da un'idea del ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble.La prima proposta (quella francese) punta a ridare una dimensione politica all'eurozona, con un governo e un Parlamento comuni. La seconda (quella tedesca) prevede, invece, la creazione di un super ministro delle Finanze dell'eurozona, che gestisca un «bilancio separato», magari finanziato da un'eurotassa. Noi stiamo con la proposta francese, che ha il pregio di cambiare le carte in tavola nell'Ue: non più l'imbuto voluto dalla Germania, ma una nuova unione in cui davanti a tutto c'è la politica e la responsabilità.Così come si deve procedere con la mutualizzazione del debito dei paesi dell'euro, partendo dall'emissione di Euro bond, Union bond, Stability bond, Project bond. È quanto avvenne negli Stati Uniti dopo l'entrata in vigore della Costituzione americana (4 marzo 1789), quando Alexander Hamilton divenne il primo Segretario al Tesoro (11 settembre 1789). Sotto la sua guida, il governo federale si fece carico dei debiti di guerra delle ex colonie ed emise nuove obbligazioni nazionali, sostenute da una moneta comune. Fu così, con il sistema finanziario di Hamilton che la giovane Repubblica americana si trasformò in una potenza economica

La Banca Centrale Europea - Infine, l'economia europea ha bisogno anche di una nuova politica monetaria. L'euro è troppo forte e danneggia le nostre esportazioni. La deflazione da rischio è diventata realtà. Ecco perché c'è bisogno di una Banca centrale con poteri analoghi a quelli della Federal Reserve, che guardi all'occupazione e alla crescita. Come si dice in gergo, che possa «stampare moneta». Ecco perché intendiamo promuovere un processo riformatore volto ad attribuire alla Bce il ruolo di prestatore di ultima istanza. O l'Europa imbocca tutti e quattro insieme questi percorsi, attraverso la stipula di un nuovo Trattato che li includa, oppure imploderà da sola. O prima la farà esplodere il terrorismo islamico. Infatti la riforma dell'Unione Europea, a tutti i livelli, è ciò che consentirà un'autentica riscossa della civiltà europea, che si fonda su radici giudaico-cristiane e non teutoniche, come tu, caro Donald, mi insegni e come dovresti spiegare ad Angela Merkel e ai nostri colleghi a lei così ligi.

Con i migliori e più fraterni saluti.Matteo Renzipresidente del Consigliodei ministri della Repubblica italiana

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