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Uniti su Todde, divisi su Putin. Pd e M5s si spaccano alla Ue

Dopo l'euforia per la vittoria in Sardegna, il "campo largo" naufraga a Strasburgo. I grillini non votano la mozione filo Kiev

Uniti su Todde, divisi su Putin. Pd e M5s si spaccano alla Ue
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Uniti in Barbagia, divisi (da Putin) in Europa: puntuale, a pochi giorni dalle celebrazioni entusiastiche del voto sardo, arriva la spaccatura verticale del campo largo. Pd da una parte (con Pse, Ppe e pure con tutta la maggioranza di governo italiana), Cinque Stelle dall'altra (con orbaniani e destre estreme filo-russe).

Non in un consiglio comunale, ma nel Parlamento Europeo. E non su un argomento da blablabla politico quotidiano: sulla priorità geopolitica più esiziale per i destini delle democrazie occidentali.

Coi voti di tutti i principali schieramenti, ieri mattina, l'aula di Strasburgo ha approvato una risoluzione che impegna - con parole chiarissime - a sostenere anche militarmente l'Ucraina «contro gli attacchi russi» aiutandola a «riconquistare il pieno controllo sul suo territorio», con l'obiettivo di «vincere la guerra contro la Russia», e che invita gli Stati Ue a non rallentare nè ritardare la consegna di armi e munizioni. Il Pd, e tutto il Pse, appoggiano compatti: «Contro il regime totalitario di Putin, il suo neo-imperialismo e le atrocità russe, l'Ue deve continuare ad aiutare il popolo ucraino, fornirle tutto il sostegno necessario perchè difendendo Kyev si difende l'Europa intera», dice Pina Picierno, vice presidente dem dell'Europarlamento. Ma da Roma Giuseppe Conte detta al suo gruppo la linea esattamente opposta, proprio nelle ore in cui Putin avverte di essere «pronto a colpire» l'Europa: «Non sosterremo una risoluzione che offre solo l'opzione bellicista». Poi, dopo il voto, fa emettere ai suoi parlamentari italiani una dichiarazione che sembra studiata non solo per essere apprezzata a Mosca, ma anche per mettere un dito nell'occhio al Pd: «La risoluzione pare scritta dalla Nato e delinea una posizione di oltranzismo bellicista che non lascia spazio a soluzioni negoziali. Siamo profondamente preoccupati per la deriva bellicista dilagante in modo trasversale. Non ci si può arrendere alla logica della guerra a oltranza che ha dimostrato di essere fallimentare». La reiterazione dell'aggettivo «bellicista», già usato da Conte proprio contro Elly Schlein, non è casuale. E dovrebbe fornire al Pd un indizio allarmante su quello che sarà il battage propagandistico (e l'assedio elettorale) di Conte nei prossimi mesi.

Ma dal Nazareno non arriva neppure un sospiro, nè per rivendicare il proprio voto nè sulla scelta dell'alleato di schierarsi con le minoranze pro-Putin in Europa. Schlein è impegnata a lanciare il congresso Pse che si apre oggi a Roma, e di cui spera di fare la ribalta della propria candidatura e della campagna elettorale per le Europee, grazie anche alla presenza di leader europei come Sanchez e Scholz: «Siamo l'unico argine contro l'avanzata delle destre», dice per presentarlo. Poi aggiunge una chiosa ambigua: «Noi portiamo qui gli amici dell'Italia, altri hanno portato gli amici di Putin».

Un'accusa ai propri alleati 5S? Macchè: alle «alleanza sbagliate di Meloni». Sorvolando sulle proprie. Intanto un campanello d'allarme per la leadership di Schlein arriva dall'ex scissionista (ora revenant) Bersani: Conte o Elly? «Ce lo dirà il popolo, non i media».

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