Università e magistratura: stesso scandalo, ma le toghe non si toccano

Università e magistratura: stesso scandalo, ma le toghe non si toccano

E ssendo la parola «barone» ormai familiare, è di recente scoppiato l'ennesimo scandalo su concorsi pilotati da baroni universitari. Il bubbone esplode a Catania, le tivù accorrono. All'ora del Tg ci appare il volto serio del procuratore Zuccaro il quale, esibendo sommo sdegno, con commisurata gravità denuncia il «sistema criminale» e il «metodo corruttivo» meritoriamente «scoperchiati». Un «sistema squallido», dice, una vera «nefandezza». Di quale orrore si tratti lo spiega in seguito. «Il merito - sospira il dottor Zuccaro e noi con lui - purtroppo non è il criterio per la selezione dei candidati, ma la scelta è calata dall'alto da professori particolarmente». Sostituite la parola professore con la parola magistrato e il discorso fila alla perfezione. Inconsapevolmente, infatti, il pm di Catania ha descritto il sistema che da decenni governa la magistratura italiana senza che questo sia motivo di scandalo per alcuno. Nessun ambiente professionale, né pubblico né privato, è così radicalmente estraneo al principio meritocratico come quello giudiziario. Nessuna valutazione sulla qualità del lavoro, figurarsi sugli orari. Le carriere sono decise secondo logiche di potere dai capi delle correnti nei saloni littori di palazzo de' Marescialli, sede del Csm. Logiche spartitorie che presuppongono atti di sottomissione e necessarie affiliazioni. Dinamiche di un ordinamento che si è fatto potere e perciò tende ad invadere gli spazi naturali della politica esigendo dagli altri virtù ad esso sconosciute.

Poi accade l'imponderabile, scoppia lo scandalo Csm. La magistratura è sotto botta, attorno a palazzo dei Marescialli tutti fingono stupore e auspicano cambiamenti radicali. È l'occasione propizia, il momento ottimale per una riforma organica. E invece niente. Salvini e Di Maio parlano d'altro. Non avvertono il problema, non colgono l'attimo. È una questione di cultura politica, evidentemente. Sovranisti e qualunquisti sono poco sensibili al tema della separazione dei poteri, pochissimo al valore della libertà individuale. «In galera!», è il motto bracardiano che li accomuna.

In galera i baroni universitari, in galera i politici della Casta, che sono sempre gli altri, in galera gli affaristi... Sui magistrati, però, si chiude un occhio. Spesso due. Ed e così che, col governo che procede alla cieca, si avverte oggi più che mai la necessità di un partito dotato di sensibilità liberale come Forza Italia.

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