Cronache

Gli universitari? Non sanno l'italiano

Troppi strafalcioni anche tra i laureandi: all'Università di Pisa nasce il corso di grammatica base

Gli universitari? Non sanno l'italiano

Gli italiani non conoscono l'italiano. E nelle università arrivano i corsi di grammatica. La strada l'ha aperta la facoltà di Giurisprudenza di Pisa: dal prossimo anno accademico sarà attivo, con frequenza obbligatoria, un corso in cui si studieranno apostrofi, accenti, verbi. Troppi gli studenti che, a un passo dalla laurea, ricordano a memoria i codici ma poi, quando si mettono alla tastiera, nonostante il correttore automatico ne scrivono di cotte e di crude, affogando in un mare di «qual'è», di «pò» ed «eccezzioni» varie, tra i flutti del «se tu non ci fossi la mia vita non esistesse».

Già lo scorso ottobre un monitoraggio web effettuato dalla piazza digitale Liberiamo su un campione di 5mila utenti di blog, forum e community aveva fatto scattare l'allarme: il 73 per cento degli intervistati litigava quotidianamente con l'apostrofo. Il 68 per cento manifestava incomprensioni (probabilmente reciproche) con l'accento. Il 61 alzava bandiera bianca di fronte al congiuntivo. Dati del resto già anticipati dalle rilevazioni promosse dall'Ocse per valutare il livello di istruzione degli adolescenti: il 20 per cento mostrava disagio con la lingua madre. Con i ragazzi del Meridione a precedere i loro coetanei del Nord nella classifica degli orrori. Percentuali che, secondo il Centro europeo dell'educazione, addirittura peggiorano in coda agli studi universitari. Col 21per cento dei laureati incapace di andare oltre il livello minimo di decifrazione di un testo.

«I nostri studenti non conoscono le lingue, compreso l'italiano», ammoniva che era il 2012 l'allora ministro Elsa Fornero. Probabilmente, l'unica analisi non sballata della sua parentesi ministeriale, che non ha però inciso più di tanto sulla definizione d'un problema che neppure il governo dei professori, ironia della sorte, è riuscito a risolvere. E oggi, mentre un altro governo propone una riforma che punta a cambiare i modelli organizzativi scolastici senza intervenire sui nodi educativi, negli atenei ci si arrangia. Spiega Eleonora Sirsi, docente che Pisa curerà il corso di grammatica per gli iscritti a Giurisprudenza: «I giovani hanno difficoltà grammaticali e sintattiche. E sempre più di frequente capita di imbattersi in errori di grammatica sorprendenti, punteggiatura a caso, frasi senza soggetto, incidentali che non si concludono». Colpa «del buonismo degli insegnanti e della qualità dell'insegnamento di base», a detta del linguista (ed ex ministro della pubblica istruzione) Tullio De Mauro, e forse pure del web e dei social forum, anche se una corrente di pensiero, cui appartiene ad esempio lo storico della lingua Luca Serianni, valuta positivamente il contributo delle tecnologie. Di certo all'ombra della torre pendente si è deciso di non indugiare oltre e di seguire le indicazioni venute da uno staff composto, tra gli altri, da Francesco Sabatini, già presidente e ora presidente onorario dell'Accademia della Crusca. Obiettivo? «Non migliorare lo stile, ma imparare a scrivere e parlare correttamente in italiano», taglia corto la Sirsi.

Perché se per un punto Martin perse la cappa, per un congiuntivo sbagliato o un accento mal posto si può ancora perdere la faccia, e non solo quella.

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