Parigi Trenta imam rompono il silenzio sull'antisemitismo presente nel Corano. Denunciato a mezzo stampa da oltre 300 personalità del mondo politico, accademico e artistico francese, l'appello ottiene risposta dai religiosi islamici, che fanno mea culpa: «Dobbiamo combattere la radicalizzazione del pensiero, ogni parte della società deve assumersi questa responsabilità, noi compresi».
L'appello, lanciato tra gli altri dall'ex direttore di Charlie Hebdo, Philippe Val, aveva fatto infuriare i musulmani, almeno inizialmente: si chiedeva la reinterpretazione di alcuni passaggi del Corano, giudicati fomentatori di odio, e la Grande Moschea di Parigi aveva denunciato un «processo ingiusto e delirante». La svolta è arrivata su Le Monde 48 ore dopo: «Il fenomeno esiste e va affrontato», scrivono trenta imam di Francia.
Violenze contro gli ebrei si moltiplicano. Dalle minacce in strada, all'orribile morte dell'ottuagenaria Mireille Knoll per cui due uomini sono accusati di omicidio a carattere antisemita, il manifesto contro «un nuovo antisemitismo» sembrava comunque destinato a restare lettera morta come i tanti del passato (l'ultimo il 20 marzo su Le Figaro). Invece, dopo l'indignazione dell'islam politico francese, come il rettore della Moschea di Parigi, Dalil Boubakeur, che ha definito l'appello un «processo iniquo e delirante», trenta imam spiegano che «siamo di fronte a una situazione cancerogena alla quale certi predicatori islamici hanno contribuito».
Il coraggio, si legge nella lettera a Le Monde, «ci obbliga a riconoscerlo». Dosano le parole. Ma è un primo segnale che nella République il monopolio della religione islamica non è concentrato soltanto nelle mani accusatrici dei soliti noti, che marciano per la pace dopo gli attentati e tacciono sulle violenze durante i sermoni. «Il vero sacrificio sta nel donarsi agli altri, come ha fatto il nostro eroe nazionale, il colonnello Arnaud Beltrame», che si è sostituito a uno degli ostaggi nell'attacco terrorista di fine marzo, scrivono gli imam.
Tra loro, il discusso Tareq Oubrou della moschea di Bordeaux. Parlano di «silenzio complice e dunque colpevole. Il coraggio ci obbliga a riconoscerlo». È la prima volta che un gruppo di anime diverse dell'islam francese prende posizione su tema delicato come l'antisemitismo: basta «rivendicazioni sociali» e stop ai sermoni che «importano conflitti geopolitici come quello israelo-palestinese». L'islam è «spirituale» o almeno così dicono dovrebbe essere.
Solo nella regione di Parigi, negli ultimi anni 50mila ebrei se ne sono andati perché non si sentivano al sicuro, ricordavano i firmatari dell'appello di domenica scorsa, tra cui Nicolas Sarkozy, Charles Aznavour e Gérard Depardieu.
Il manifesto era stato respinto dall'Osservatorio francese contro l'islamofobia, che invitava tutti a smettere di «sopraffare l'islam». Gli imam rispondono invece con un'assunzione di responsabilità: «Situazione insostenibile, dobbiamo metterci al servizio della République».
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