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Uruguay, lo Stato hippie che vende la marijuana direttamente in farmacia

Al via l'ultima fase della liberalizzazione Sono 16 i punti di distribuzione autorizzati

Uruguay, lo Stato hippie che vende la marijuana  direttamente in farmacia

Nel quartiere Malvín Norte di Montevideo, Javier si sta rollando la prima canna della sua vita, «legale al 100 %», assicura. «Fammela gustare e poi sorride sornione il 35enne- ti saprò dire se è valsa la pena alzarsi presto per comprarla in farmacia».

È il 19 luglio del 2017. Segnatevi la data riportata a caratteri cubitali da tutti i giornali di Montevideo perché quella di ieri è stata una giornata storica. Da 24 ore l'Uruguay è ufficialmente il primo stato al mondo dove produzione, vendita e consumo di marijuana sono tutte certificate al 100% da una legge dello Stato.

Non una bazzecola visto che qualche anno fa l'allora zar antidroga statunitense Barry McCaffrey calcolava che il 60% dei guadagni illegali dei narcos messicani derivasse proprio dalla vendita e commercializzazione di cannabis. Per questo l'esperimento iniziato 24 ore fa in 16 farmacie autorizzate 4 nella capitale Montevideo, il resto in 11 delle 18 province del paese, ma altre 20 si aggiungeranno presto è monitorato dal mondo intero, anche con cadute di stile come quella del New York Times che ha definito i farmacisti uruguaiani «spacciatori di Stato».

«Ma chi se ne frega del New York Times», sbotta mentre continua a fumare per testare il suo acquisto Javier, uno dei 6.959 cittadini che - dopo l'approvazione della legge del 2013 voluta dall'allora presidente ex tupamaro «Pepe» Mujica - si è iscritto al programma dell'Ircca, l'Istituto statale di controllo della cannabis, per potere così comprare i suoi 5 grammi di «maria» ad appena 187 pesos - 5 euro e mezzo circa nda - un quarto del valore che invece prima mi chiedevano gli spacciatori».

Due le tipologie di marijuana in vendita in Uruguay, la Alfa I - con il 2% di Thc (delta-9-tetraidrocannabinolo) ed il 7% di Cbd (cannabidiolo) e perciò effetti psicoattivi che si manifestano soprattutto sul fisico - e la Beta I. Che per le differenti percentuali di Thc e Cdb dovrebbe agire di più sulla parte cerebrale e che, per la cronaca, è quella acquistata da Javier.

Il condizionale è però d'obbligo perché, come scritto su ognuna delle confezioni in vendita e ripetuto più volte dall'attuale presidente dell'Uruguay, Tabaré Vázquez tra l'altro medico oncologo che ha appena vinto una storica causa contro la Philip Morris «le conseguenze possono variare da persona a persona» e «se fumare fa male, fumare marijuana fa ancora peggio».

All'esperimento dell'Uruguay guarda il mondo ma soprattutto il Messico, insanguinato da un'infinita guerra contro i narcos proprio per l'enorme lucro ricavato dai cartelli dalla vendita illegale di cannabis, non solo della cocaina. Secondo Fernando Belaunzarán, politico messicano promotore di una legge per legalizzare anche per scopo ludico e non solo terapeutico la cannabis nel Paese del tequila, «la marijuana oggi è la droga più consumata negli Stati Uniti e nel mondo e, proprio per questo, anche se non è la più cara, è quella che garantisce più risorse economiche alle mafie».

Torna così da ieri di gran moda l'Uruguay, paese liberale e laico per antonomasia, un unicum al mondo ed un vero e proprio «laboratorio» se si pensa all'approvazione della prima legge sul divorzio a Montevideo, risalente al 1907. O a quella sulla regolamentazione del mercato degli alcolici del 1915, al pari di quelle più recenti su prostituzione, nozze omosessuali ed aborto.

Certo, è più facile sperimentare in un piccolo paese come l'Uruguay (appena 3,5 milioni di abitanti) che in Messico ed in una capitale come Montevideo - con tassi di criminalità minimi che a Brasilia o Caracas. Chi volesse però vedere nell'Uruguay una nuova Olanda sbaglia di grosso. Nessuno straniero può infatti iscriversi al programma statale d'acquisto di maria a scopo ludico, solo gli uruguayani.

Come Javier, che, finito il suo primo spinello legale, assicura: «sì, la levataccia è valsa la pena».

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