Dopo mesi di indecisioni, con l'obiettivo di perseguire la via diplomatica per porre fine al conflitto tra Russia e Ucraina, Donald Trump colpisce con le sanzioni i due giganti energetici di Mosca, Rosneft e Lukoil. Il presidente americano lamenta che i suoi colloqui con Vladimir Putin "non portano a nulla", puntando il dito contro "il rifiuto dello zar del Cremlino di mettere fine a una guerra senza senso". Il tycoon ha rimandato a lungo, ma ora "è il momento giusto" di rispondere alle richieste di Kiev e degli alleati occidentali con un pacchetto di sanzioni "tra le più ingenti che abbiamo mai imposto alla Russia". Come chiarisce il segretario al Tesoro Scott Bessent: "Putin non si è presentato al tavolo delle trattative in modo onesto e schietto, come speravamo", precisa, invitando i Paesi del G7 e altri alleati a "unirsi" agli Usa. In quest'ottica potrebbe pesare l'incontro, annunciato per giovedì a Seul, del presidente americano con il leader cinese Xi Jinping, in occasione del viaggio di Trump in Asia, a margine del vertice Asean in Corea del Sud, per il quale il presidente è partito nella notte italiana.
Le sanzioni - che comportano il congelamento di tutti i beni di Rosneft e Lukoil negli Stati Uniti, e impediscono a tutte le aziende Usa di fare affari con loro - fanno schizzare le quotazioni del petrolio, in forte rialzo a New York con un +5,09% a 61,48 dollari al barile. Le sanzioni annunciate da Trump sono un "atto ostile" e non rafforzano le relazioni russo-americane, afferma Putin, che parla di "reazioni sbalorditive", ma il suo parere è che nessun Paese che si rispetti fa mai niente sotto pressione. Poi avverte che comunque non avranno un impatto significativo sull'economia russa. Mentre il segretario di stato americano Marco Rubio sottolinea che Washington sarà "sempre interessata a un dialogo se ci sarà l'opportunità di raggiungere la pace". Mosca trova una sponda in Pechino, che dichiara di "opporsi" alle "sanzioni unilaterali che non si basano sul diritto internazionale e non sono autorizzate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite". Tuttavia, le principali compagnie petrolifere statali cinesi hanno sospeso gli acquisti di petrolio russo trasportato via mare dopo l'imposizione delle misure restrittive a Rosneft e Lukoil. Secondo Reuters, le compagnie nazionali del Dragone come PetroChina, Sinopec, Cnooc e Zhenhua Oil si asterranno dal commerciare petrolio russo trasportato via mare, almeno nel breve termine. Sebbene la Cina importi circa 1,4 milioni di barili di petrolio russo al giorno via mare, la maggior parte di questo viene acquistato da raffinerie indipendenti. Intanto, il capo dell'ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak, sostiene che Trump ha dato il "via libera" al trasferimento dei sistemi di difesa aerea Patriot a Kiev. Quanto ai Tomahawk, continua, "il dialogo è in corso e non direi che questa porta sia chiusa". Il comandante in capo, da parte sua, afferma che "ci vuole un anno per imparare a usare questi missili, e gli ucraini non possono farlo. L'unico modo in cui un Tomahawk può essere sparato è se lo spariamo noi, e non intendiamo farlo".
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, alla luce degli ultimi sviluppi, rivaluta l'incontro con The Donald: "Abbiamo le sanzioni alla Russia, non c'è un vertice in Ungheria senza l'Ucraina, non abbiamo ancora i Tomahawk ma chissà, forse un giorno li avremo: tutto sommato non male", dice da Bruxelles. E tornando sugli agognati missili a lungo raggio: "Prima o poi ci arriveremo, sarà come per le sanzioni che prima sembravano impossibili. Ma ovviamente sarà il presidente Trump a decidere, è una questione sensibile".