Il vaccino potrebbe essere in grado di «mutare» assieme al virus, sarà reso più potente da stimoli elettrici e sarà made in Italy, creato dalla collaborazione di tre aziende. Non solo, la sperimentazione sull'uomo potrebbe avvenire in tempi strettissimi.
Le notizie arrivano a dare nuova linfa vitale alla ricerca italiana anti Covid. Takis e Rottapharm Biotech annunciano di aver stipulato un accordo di collaborazione per lo sviluppo del vaccino ideato dall'azienda di Castel Romano e denominato Covid-eVax. Rottapharm Biotech metterà a disposizione di Takis le proprie competenze nello sviluppo di farmaci innovativi, oltre al supporto finanziario fino al completamento della fase I/II di sperimentazione clinica. I primi 3 milioni di euro sono già stati concordati sui programmi in corso.
Nel campo dei vaccini allo studio esistono diverse piattaforme tecnologiche. Quella in sviluppo da parte di Takis e Rottapharm Biotech è basata sul Dna: un frammento di Dna viene iniettato nel muscolo e promuove la sintesi di una porzione della proteina Spike (usata del virus per penetrare nelle cellule), stimolando una forte reazione immunitaria (sia anticorpale, sia cellulare) che previene l'infezione. «L'efficienza del processo - spiegano i ricercatori di Takis - è aumentata dalla tecnica dell'elettroporazione, che favorisce il passaggio del Dna all'interno delle cellule in maniera semplice, rapida e senza effetti collaterali grazie a lievi e brevi stimoli elettrici». Sulla tecnica Takis collabora da anni con Igea, azienda italiana il cui elettroporatore è già disponibile in oltre 200 ospedali in Europa. Le tre aziende insieme stanno collaborando nella realizzazione di un sistema per una diffusione più ampia e capillare. I risultati della sperimentazione animale hanno dimostrato «una forte risposta immunitaria che neutralizza il virus, bloccando la replicazione nelle cellule». Il programma di sviluppo prevede ora il completamento degli studi di laboratorio e la produzione del primo quantitativo del vaccino, già partita per arrivare al primo studio clinico in autunno.
La tecnologia in sviluppo nasconde molti vantaggi rispetto ad altre, tra cui la possibilità di poter essere ripetuta per aumentare e mantenere la risposta immunitaria, e di essere facilmente adattabile nel caso il virus dovesse «mutare» il suo codice genetico nel tempo.
Sul fronte cura anti Covid lasciano ben sperare anche le notizie in arrivo dagli Stati Uniti. Entro la fine di giugno potrebbe arrivare il primo farmaco capace di combattere il virus che causa il Covid-19. Si tratta di un medicinale sperimentale, denominato LY-CoV555, che è stato somministrato nei giorni scorsi a un gruppo di pazienti ospedalizzati nell'ambito del primo studio su un trattamento anticorpale. Tra i centri medici coinvolti, alcuni dei più importanti ospedali statunitensi: la NYU Grossman School of Medicine e il Cedars-Sinai a Los Angeles.
I risultati sono previsti entro la fine del mese. L'anticorpo era stato identificato dal Centro di ricerca sui vaccini dell'Istituto nazionale di allergie e malattie infettive diretto da Anthony Fauci su un campione di sangue prelevato da uno dei primi pazienti americani guariti dal Covid-19.
Si tratta di un anticorpo monoclonale progettato per bloccare l'ingresso del virus nelle cellule umane. È potenzialmente utilizzabile sia nella prevenzione che nella cura del Covid-19. La sua efficacia verrà testata nei prossimi mesi sia da solo sia in combinazione con altri anticorpi.
«I trattamenti con anticorpi come quello studiato - spiega
Mark Mulligan, direttore della divisione di malattie infettive e immunologia e direttore del Vaccine Center presso la NYU Langone Health - promettono di essere efficaci contromisure mediche per questa infezione mortale».
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