
In mezzo a tanti blandi comunicati si è sentita la prima voce. È uscita composta ma risoluta, di rimbalzo dai soffitti alti del quartier generale di Corso Venezia 30, a Milano, e quindi ancora più determinata. Un attacco frontale, quello di Diego Della Valle, patron di Tod's, al pm milanese Paolo Storari "in cerca di popolarità". Lo ha invitato tre volte, nel giro dei trenta minuti della conferenza stampa convocata "d'urgenza", a visitare le sue fabbriche (peraltro famose ormai da anni per un welfare degno del Nord del mondo) dopo l'accusa di caporalato mossa nei giorni scorsi. Perché "non ci si alza al mattino e si accusa il Made in Italy, che rappresenta una delle eccellenze del nostro Paese più forti in termini di competitività mondiale" ha tuonato a bassa voce l'imprenditore, invitando i suoi colleghi a non subire in silenzio. "Non possiamo permetterci di essere silenti - ha scandito - lo dico anche ai miei colleghi, agli amici imprenditori. Essere silenti in questo momento significa diventare complici di un sistema che ci fa male e noi vogliamo un sistema perfetto, che rispetti la gente, che rispetti le leggi e che rispetti anche le aziende". "Prima di venirci a dire che noi siamo un'altra cosa in modo pesante - ha aggiunto - la gente come il procuratore, che si chiama in questo caso Paolo Storari, deve pensare che non si può mettere alla berlina la reputazione di persone come noi". Una risposta diretta - la prima e per ora sola - sulla vicenda della richiesta di amministrazione giudiziaria nei confronti del gruppo Tod's per aver agevolato colposamente il caporalato lungo la propria filiera. Una richiesta fatta in base all'articolo 34 del codice antimafia, che è stata applicata nell'ultimo anno e mezzo anche ad altre cinque società del lusso dal Tribunale di Milano. E cioè ad Alviero Martini, Armani Operation, Produce Dior, Valentino Bags Lab e al marchio Loro Piana di Louis Viutton. Coincidenze? Di rado l'universo è così pigro. Ma se gli altri tacciono, Della Valle non si adegua a sentir parlare delle sue aziende "in maniera pessima come in questi giorni". Non si lascia galleggiare come un barile vuoto in balia della storia. Di questa storia. Ha convocato i giornalisti in gran fretta, è rimasto in piedi dietro al tavolo e ha detto tutto quello che pensava di dover dire: "Non ci si può alzare una mattina, dopo aver visto quattro fotine che si fa fare dal suo ufficio", ha detto Della Valle a proposito dei documenti raccolti nelle indagini dei carabinieri del Nucleo Ispettorato Lavoro di Milano dentro gli opifici cinesi finiti al vaglio dell'autorità giudiziaria, e lanciare "accuse tanto pensanti, questo è assolutamente imperdonabile". "Auguro a questo signore di avere la voglia, l'arguzia, di venire a vedere le mie aziende e dopo di che esprimere un giudizio", ha proseguito il numero uno di Tod's sempre in riferimento al "Procuratore della Repubblica Storari" (che in realtà è semplice sostituto procuratore). "Su cose così pesanti, bisogna documentarsi veramente bene e se serve un contraddittorio farlo, non arrivare dietro l'angolo con cose accadute un anno fa". Della Valle ha stigmatizzato comportamenti come lo sfruttamento lavorativo "che non appartengono alla nostra mentalità" perché abbiamo fatto "del welfare in maniera vera da sempre". E ha chiamato in causa la politica, spiegando che già arrivare al controllo del "secondo livello", per un'azienda, è un "problema serio" ed è quindi determinante "che si legiferi in fretta per dare agli organi di controllo la massima possibilità di intervenire ma anche agli imprenditori la possibilità di lavorare serenamente. Dateci delle leggi urgenti che ci permettano di lavorare bene".
Nel frattempo a maggio scorso, a Milano, è stato firmato il Protocollo d'intesa per la legalità della filiera della moda: un accordo volontario tra istituzioni, associazioni di categoria e sindacati per contrastare l'illegalità e promuovere trasparenza ed equità.