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Veleni e accuse strumentali: fuoco sui candidati moderati

Per attaccare Michetti, in corsa a Roma, la sinistra rispolvera una vecchia indagine della Corte dei conti

Veleni e accuse strumentali: fuoco sui candidati moderati

D opo una lunga attesa, alcuni vertici andati a vuoto e una trattativa tutt'altro che facile, il centrodestra trova la quadra sui candidati. La decisione è quella di investire su profili civici. Una scelta che in qualche modo scompagina i piani di reazione del centrosinistra, abituato a ripetere uno schema decisamente semplice: evocare l'allarme antifascista e adattare la pregiudiziale storica a qualunque esponente di centrodestra si trovi di fronte.

Lo «schema», però, in questo caso è di difficile applicazione. Come scrive il magazine online Roma Report, è davvero complicato usare quest'arma contro una magistrata come «Simonetta Matone, da anni apprezzata giudice minorile, che ha istruito il primo processo nel Lazio contro i cosiddetti naziskin e ha lavorato per anni con Giuliano Vassalli, socialista e antifascista doc». Stesso discorso per Enrico Michetti, avvocato e imprenditore, «professore universitario, divenuto popolare grazie ai suoi interventi dai microfoni di Radio Radio, una radio dai toni accesi, ma è difficile presentarlo come un postfascista». Qual è allora la risposta del centrosinistra? Il segretario del Pd Enrico Letta se la prende contro i magistrati in politica. «Ho visto che il centrodestra ha candidato due magistrati: peccato che questi magistrati hanno preso decisioni nei luoghi in cui si candidano e hanno accesso a tutti i dati sensibili della terra in cui si candidano. Su questo c'è un buco nelle leggi italiane», riferendosi alla Matone e a Catello Maresca. Al leader dem, tuttavia, replica a stretto giro Giorgia Meloni: E non se ne era accorto quando si sono candidati Emiliano, de Magistris e Ingroia? È il classico due pesi e due misure della sinistra italiana». Una risposta più articolata arriva da Edmondo Cirielli. «I due magistrati che si candidano, peraltro da civici, notoriamente non sono mai stati organici a movimenti politici. Letta dovrebbe guardare in casa sua. Come non ricordare, a proposito della coincidenza del mandato territoriale giudiziario e del ruolo politico, il suo silenzio sul caso dei procuratori antimafia Pietro Grasso e Franco Roberti oppure su personaggi come Felice Casson o altri che hanno assunto ruoli eminenti. Ulteriori esempi sono l'ex presidente della Commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e Mariano Brianda, già candidato sindaco del Pd a Sassari nel 2019. Così come sorprende il suo silenzio sulle correnti della magistratura che, come dimostrato dallo scandalo Palamara, erano organiche prima ai Ds e poi al Pd». Giovanni Donzelli, invece, fa notare che la sinistra «invece di chiedere Commissioni contro l'odio dovrebbe evitare di fomentarlo».

Michetti deve invece fare i conti con l'attenzione mediatica e con alcuni attacchi arrivati in un paio di articoli pubblicati da Repubblica e Fatto Quotidiano per una indagine della Corte dei conti per alcuni appalti senza gara della Regione Lazio a una sua società. Una vicenda risalente a oltre 10 anni fa, per la quale il professore - mai indagato e non è mai neppure ascoltato - si dichiara totalmente estraneo.

Ma che di certo lo aiuterà a entrare nel clima della campagna elettorale.

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