Un colpo da professionisti a pochi minuti dal silenzio obbligatorio della campagna elettorale prima della chiamata ai seggi, un'ondata di fango gettata quando il destinatario non può difendersi a meno di violare la legge. Chi ha colpito l'immagine di Emmanuel Macron con una marea di documenti falsi mescolati a materiale rubato dai server del candidato alla presidenza francese sapeva quel che faceva e anche quel che voleva ottenere: non tanto un capovolgimento dell'esito finale del voto di oggi, praticamente impossibile da conseguire, quanto un effetto a medio termine, un rilascio lento di marciume e veleni. L'obiettivo dell'operazione è quello di far arrivare Macron all'Eliseo già in difficoltà, azzoppato da insinuazioni che ne rendano inefficace l'azione politica. E di indebolirlo nel tempo.
Tre sono gli aspetti che meritano di essere approfonditi: cosa contiene realmente il materiale sottratto a Macron, chi lo ha effettivamente messo in circolazione, e chi e con quali obiettivi vuole danneggiare l'immagine del prossimo presidente francese.
L'effettivo contenuto dei 9 gigabyte di materiale ottenuto violando le caselle personali e professionali di vari esponenti di «En Marche!», il partito fondato un anno fa da Emmanuel Macron, è difficile da valutare ora. Una parte è già stata pubblicata online - e si tratta di corrispondenza privata, documenti, contratti - ma è sicuro che molto altro verrà rilasciato nel tempo, per produrre il desiderato effetto «stillicidio di fango». Al materiale autentico sottratto illegalmente si aggiunge una quantità di notizie false, le ormai tristemente famose fake news che hanno lo scopo di condizionare l'opinione pubblica distorcendone la percezione del reale.
Le prime indagini svolte sull'operazione rimandano al noto gruppo russo Fancy Bear e a hacker militanti dell'estrema destra americana. Decine di migliaia di file sono stati pubblicati dal sito 4Chan, lo stesso che durante la campagna per la Casa Bianca aveva diffuso notizie calunniose ai danni di Hillary Clinton per favorire Donald Trump. Riaffiora il nome di Jack Posobiec, protagonista di quelle opache manovre. Ma è per lo meno sospetto il ruolo di WikiLeaks, che con molta rapidità ha commentato l'accaduto cercando di scagionare gli autori dall'accusa di voler influire sul risultato del voto di oggi. Difficile dimenticare che nello scorso febbraio il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, aveva rilasciato al quotidiano russo Izvestia un'intervista in cui affermava di possedere «interessanti informazioni sul candidato Emmanuel Macron, provenienti dalla corrispondenza personale di Hillary Clinton».
Izvestia titolò il servizio «Assange sta per gettare olio sul fuoco della campagna elettorale francese». Siamo così giunti al terzo punto: a chi giova questa operazione? Certamente alla destra filo-Le Pen (e filo-Trump).
Ma altrettanto certamente alla Russia, che vede in Macron il peggior inquilino possibile dell'Eliseo, l'unico che usi in pubblico toni molto critici verso Vladimir Putin e la sua strategia di dividere l'Europa per meglio dominarla. E l'unico che abbia messo in chiaro che con Mosca bisogna non solo dialogare, ma soprattutto confrontarsi a viso aperto.
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