La vendetta della Rackete: Sea Watch può tornare in mare

L'Ong esulta per la decisione del Tribunale di Palermo che ha dato il via libera al dissequestro della nave

La vendetta della Rackete: Sea Watch può tornare in mare

«Dopo più di cinque mesi bloccati in porto a Licata, ci stiamo preparando per tornare in mare. La giustizia trionfa sull'(ex) decreto sicurezza». La ong tedesca Sea Watch annuncia su Twitter la decisione del Tribunale civile di Palermo che ha dato il via libera al dissequestro della nave guidata dalla capitana Carola Rackete, che il 29 giugno scorso aveva fatto ingresso nel porto di Lampedusa forzando il blocco imposto dal decreto sicurezza bis.

Il tribunale presieduto da Rachele Manfredi doveva pronunciarsi sul sequestro amministrativo della nave ferma nel porto di Licata, dato che quello penale disposto allora dalla Procura di Agrigento era già decaduto il 25 settembre insieme con le esigenze probatorie nell'inchiesta a carico di Rackete. Restava pendente il fermo amministrativo disposto dalla Guardia di finanza per le violazioni del divieto di ingresso in acque territoriali previsto dal decreto sicurezza bis di Salvini. Il dissequestro di fatto deciso dai giudici non entra però nel merito delle violazioni al provvedimento dell'era gialloverde. I magistrati hanno accolto l'appello dei legali di Sea Watch dopo che questi avevano presentato ricorso al prefetto di Agrigento chiedendo il dissequestro. Ebbene, il prefetto non aveva risposto nei termini previsti di dieci giorni e dunque, ha sostenuto la ong, è applicabile il principio del silenzio-assenso. Il tribunale ha dato ragione agli avvocati: con la non risposta del prefetto il sequestro è da considerarsi decaduto e la Capitaneria di porto di Licata non può trattenere ulteriormente la nave. «La legge prevede che il proprietario del bene sequestrato possa fare opposizione all'autorità competente, che in questo caso è la prefettura di Agrigento hanno spiegato i legali di Sea Watch Se la prefettura non rigetta l'opposizione entro il termine di dieci giorni, la norma prevede che la misura del sequestro cessi i propri effetti».

La Sea Watch 3 - che procederà al cambio dello Stato di bandiera, dall'Olanda alla Germania «a causa di un atteggiamento ostinatamente non collaborativo dei Paesi Bassi» - ora potrà tornare in mare, mentre rimangono ancora sotto sequestro altre navi ong, come Eleonore della tedesca Lifeline, la Mare Jonio e la barca a vela Alex, entrambe di Mediterranea. L'organizzazione non governativa ha lanciato una campagna social per chiedere al governo la liberazione immediata delle imbarcazioni umanitarie: «Adesso basta, basta una firma. Gli attuali ministri dell'Interno, della Difesa, delle Infrastrutture e trasporti potrebbero, con una loro semplice firma, decidere il dissequestro della nave Mare Jonio e della barca a vela Alex». Come? «Sarebbe infatti sufficiente che accogliessero le richieste di "revoca in autotutela" dei decreti interministeriali emanati dal precedente governo - spiega la ong - liberando subito le nostre imbarcazioni. Il sequestro amministrativo delle navi di soccorso è stato un atto di pura ostilità politica, è tempo che una politica coraggiosa ripristini lo stato di diritto».

Tra i primi ad aderire lo scrittore Roberto Saviano.

Intanto da Palermo si prepara a salpare di nuovo anche Alan Kurdi, della tedesca Sea-Eye, mentre Ocean Viking, di Medici senza frontiere è ripartita nei giorni scorsi da Marsiglia. Direzione Mediterraneo centrale.

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