Vendola ha fatto bene ha dato libertà a Tobia

La maternità surrogata è barbarie, ma non va censurato: ha rispettato il piccolo

Vendola ha fatto bene ha dato libertà a Tobia

Ritengo la maternità surrogata una barbarie scientifica, che il più elementare sentimento umano dovrebbe impedire la pratica. Ma quello stesso sentimento umano che rifiuta l'ingegneria genetica, s'inginocchia di fronte a un piccolo nato. A una vita. E di fronte ad essa si deve avere rispetto, si deve considerarla nella sua assoluta, inviolabile identità.

Una vita significa essere nella storia: noi siamo soggetti storicamente determinati, cioè viviamo in una tradizione. Possiamo amarla o detestarla, possiamo impegnarci a svilupparla o demolirla, ma, comunque, la tradizione è come la nostra pelle, e dalla pelle il corpo non esce.

È facile criticare Nichi Vendola da chi ha la mia visione del mondo, diciamo un po' antiscientista e, se mi si permette, un po' aristocratica, quindi diffidente verso le sperimentazioni che tendono a deformare il senso dell'umano. E critico Vendola per la scelta di essersi affidato alla maternità surrogata, pur comprendendo il suo desiderio di avere un figlio, di essere padre. Nello stesso tempo mi guardo bene dal criticare la sua omosessualità, ma l'omosessuale non può pretendere quello che la natura non gli concede.

Apprezzo, quasi entusiasta, la sua decisione di battezzare quella piccola vita di cui si fa responsabile. Una piccola vita che ha la sua autonomia, ormai indipendentemente dal modo in cui è stata creata. Privarla di quel primo, essenziale ingresso nella nostra tradizione, il battesimo, sarebbe stato un gesto arrogante. Non si può evocare una tradita coerenza culturale di Vendola per sostenere che proprio quella sua coerenza laica forse comunista avrebbe dovuto fargli tenere lontano il figlio dalla Chiesa. Il pensiero e la storia personale di Vendola sono una piccola cosa di fronte alla nostra storia collettiva, alla nostra tradizione.

Scegliendo per suo figlio il battesimo, Vendola ha messo da parte la sua soggettività e ha deciso che, molto più importante della sua idea di vita, è affidare il bambino, di cui è responsabile, alla via maestra su cui procede la nostra civiltà.

Poi spetterà al piccolo, una volta grande, la libertà delle proprie scelte, un libertà che, sono sicuro, sarà nelle priorità educative di Vendola, altrimenti egli stesso avrebbe imposto al bambino la propria idea di vita, non battezzandolo. Così non è stato, e quel bambino, che oggi è esattamente uguale a tutti i piccoli appena nati, parte anche lui ben allineato al nastro di partenza della storia.

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