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Il venerdì nero di Renzi: dopo il ko alle urne arriva un'altra sconfitta

Il premier si era speso per il "Remain". Ma ne approfitta per rimandare le resa dei conti Pd

Il venerdì nero di Renzi: dopo il ko alle urne arriva un'altra sconfitta

Roma - San Giovanni, patrono di Firenze, non gli ha portato fortuna. La vittoria del no alla permanenza della Gran Bretagna all'Unione Europea è un'altra macchia sulla carriera politica di Matteo Renzi che mercoledì scorso si era speso in prima persona a favore del Remain acquistando un'intera pagina del Guardian per perorare la causa comunitaria.

E invece, dopo i ballottaggi disastrosi di domenica scorsa, il presidente del Consiglio ha dovuto archiviare un'altra sconfitta considerato che in quell'appello si definiva la Brexit una «scelta sbagliata». Analogamente, non gli avranno fatto piacere gli sfottò della Lega. Il capogruppo al Senato, Gian Marco Centinaio, gli ha dato del menagramo su Twitter: «Ti prego adesso inizia a fare appelli per il Sì in Italia» ha scritto affiancandovi l'hashtag #portisfiga.

E sul medesimo social network il premier ha cercato di rendere più dolce la batosta. «Dobbiamo lavorare per renderla più umana e più giusta, ma l'Europa è la nostra casa, il nostro futuro», ha commentato. Concetti ribaditi durante un briefing a Palazzo Chigi. «Governo e Unione europea sono nella condizione di garantire, con qualsiasi mezzo, la stabilità del sistema finanziario e la sicurezza dei risparmiatori», ha affermato. Peccato che il premier ieri abbia fatto da spettatore al peggior calo di Piazza affari nella storia.

Quando una giornata è nera c'è poco da fare: si paga anche oltre i propri demeriti. Renzi è spesso stato una voce critica nell'Ue a trazione tedesca, ha sollecitato istanze di riforma ma la scarsa qualità dei risultati raggiunti in questi due anni su quel fronte gli si è riversata addosso all'improvviso. Una realtà che cozza con la solita retorica. «L'Italia è tornata solida e ha il dovere di offrire questa solidità anche agli altri partner europei», ha detto preannunciando il vertice di lunedì a Berlino con Merkel e Hollande. Oggi, invece, sarà a Parigi per cercare di coordinarsi in anticipo con il presidente francese ed evitare sgradite sorprese.

Ieri pomeriggio a Palazzo Chigi, Renzi ha incontrato il ministro dell'Interno Alfano e i presidenti delle commissioni Esteri di Camera e Senato, Cicchitto e Casini. Gli esponenti centristi sono stati informati della politica che si intende attuare (lunedì il premier informerà anche le Camere): rafforzare l'asse Pse-Ppe per «contrastare i populismi».

Sul fronte interno, però, pare che alle mediazioni il decisionista Renzi non abbia voglia di abituarsi. La Brexit, infatti, gli ha consentito di rinviare la resa dei conti nel Pd. La direzione prevista per ieri dovrebbe slittare a venerdì prossimo, ma questo non significa che questi giorni potranno viversi come una tregua. Alle pressanti richieste della minoranza (separazione delle figure di premier e rimpasto della segreteria) il premier ha replicato con un'intervista al vetriolo alla Stampa. «Finché faccio il segretario, caminetti non se ne fanno. Volete il partito delle correnti? Allora, cacciate me», ha detto rinfacciando a Massimo D'Alema di essersi speso per far votare Virginia Raggi al ballottaggio di Roma.

Insomma, niente rimpasto del vertice Pd e campagna a tappeto per il referendum costituzionale. Viste le premesse è legittimo ipotizzare che gli oppositori della minoranza lo aspettino al varco in Parlamento. I «giovani turchi» e i bersaniani hanno detto basta alle «fiducie in bianco». L'entourage del premier sospetterebbe della lealtà dei ministri Franceschini e Orlando. Il clima è da Idi di marzo.

O forse è stato solo un venerdì nero.

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