L' esonero di Ventura era atteso così come le mancate dimissioni («indisponibilità a rimettere il mandato», recita il comunicato ufficiale) di Carlo Tavecchio. Il presidente sente sempre più forte il rumore dei nemici alle spalle, ma ora che il consiglio federale si è compattato attorno al presidente - ad eccezione dell'Assocalciatori -, tra quattro giorni la governance del pallone si attende da lui risposte importanti sul rilancio del calcio nostrano. Prima fra tutte, il nome forte che prenda il posto del ct ligure, finito per essere il principale capro espiatorio del viaggio annullato per Russia 2018. E Carlo Ancelotti è il candidato principale oltre che il profilo ideale. Tanto che sono già iniziate le trattative, seppure indirette, per convincerlo ad accettare l'incarico. Dopo il no deciso di un mese fa e anche di martedì, da Vancouver - dove si trova l'ex tecnico del Bayern - è arrivata una leggera apertura. Su questo lavorerà febbrilmente il presidente Tavecchio. In alternativa Conte o Ranieri da giugno con un ct traghettatore a gestire la fase di avvicinamento. Strategia chiara, per evitare che il terreno scivoloso non frani di colpo.
Tra le tensioni legate al deludente risultato della Nazionale, in via Allegri si è rispedita al mittente l'entrata a gamba tesa di Giovanni Malagò («fossi in Tavecchio mi dimetterei»). Dura in questo senso la risposta del vicepresidente federale Ulivieri: «Non riconosco più nel presidente del Coni il mio capo...». La replica di Malagò, consigliata dal ministro dello sport Lotti, arriva in serata: «Ulivieri è libero di pensare quello che vuole, il mio stile mi porta a ragionare in maniera costruttiva. Tavecchio ha valutato di fare una cosa diversa, non era scontato che ascoltasse il mio consiglio, è un tema di responsabilità. È acclarato che il movimento popolare vuole un cambiamento, il mondo del calcio è rappresentato dalle vari componenti, se daranno fiducia a Tavecchio si prenderanno la responsabilità di continuare. Ma devono fare molto di più. L'esonero di Ventura? La federazione valuta se interrompere un rapporto con un ct».
Tavecchio, prima dell'incontro informale con le componenti della Figc, aveva sentito i presidenti di A per capire il gradimento nei suoi confronti dopo la bufera seguita alla gara con la Svezia. E nel faccia a faccia in via Allegri ha poi precisato che non si sarebbe dimesso, mettendo sul tavolo le cose positive fatte nei due anni di presidenza, dal Var ai centri federali al contributo fondamentale dell'Italia nell'elezione di Ceferin all'Uefa e Infantino alla Fifa. Subito ha deciso di alzarsi dal tavolo Damiano Tommasi. «L'Assocalciatori era qui per chiudere l'esperienza di questo consiglio, gli altri presidenti non hanno preso posizione, se non è questa la premessa noi non ci stiamo, le cariche vanno azzerate come segno di responsabilità», così Tommasi. Diventa a questo punto fondamentale il consiglio federale di lunedì 20, annunciato da Tavecchio che ieri aveva dato il benservito a Ventura (niente buonuscita, ma il pagamento di 700mila euro, ovvero quanto gli spettava da qui alla scadenza del contratto prevista per luglio 2018). In questo consiglio presenterà il suo programma di rilancio (dal tetto degli stranieri a incentivi di natura economica e fiscale alle società che utilizzeranno il maggior numero di calciatori italiani passando per le seconde squadre, ndr) che dovrà essere messo ai voti. Diciassette i consiglieri che potranno esprimere la preferenza (non le commissariate A e B), la maggioranza (cioè 9) dovrà dare fiducia a Tavecchio. Ovvero almeno le componenti che a marzo hanno rieletto il presidente - 6 della Lega Dilettanti, 2 degli allenatori e 1 degli arbitri -. In caso contrario la Figc volterebbe pagina, magari con il vice Sibilia al comando.
«Se non si è dimesso, mi auguro lo abbia fatto perché ha un progetto
credibile e la convinzione di poterlo realizzare», il giudizio dell'ex presidente federale Carraro. Da oggi a lunedì molte cose possono accadere e molte grida possono ancora levarsi. Nelle piazze e nei palazzi della politica.
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