Un lettore, uno di quelli della prima ora, di quelli che sono legati al Nostro giornale dal tempo di controcorrente giovani (qualcuno ancora se lo ricorda?) mi invia un piccolo racconto sulle storture del nostro fisco, cosiddetto amico, che val la pena pubblicare quasi in toto. Eccolo.
«Lo scorso anno mia madre ha effettuato degli importanti lavori di ristrutturazione nell'appartamento, di sua proprietà, in cui risiede. Avendo mia madre una certa età, mi sono offerto io di effettuare i pagamenti tramite bonifico e seguendo le regole stabilite dall'Agenzia delle entrate per fruire delle detrazioni per ristrutturazione e, analogamente, mi sono occupato, quando è venuto il momento, di preparare il suo 730 inserendo i dati a partire dal modello precompilato messo a disposizione sul sito dell'agenzia. Niente di particolarmente difficile, alla fin fine, ma, poiché dalla dichiarazione emergeva un consistente rimborso, ho conservato con cura tutta la documentazione, ritenendo molto probabile che mi venisse chiesta per le verifiche del caso.
Infatti, dopo pochi mesi dalla presentazione, invece del rimborso arriva la richiesta dell'Agenzia delle entrate di esibire le ricevute dei bonifici effettuati per la ristrutturazione edilizia. Ovviamente, mi occupo io anche di questo, passo un pomeriggio a fotocopiare tutti i documenti, prendo l'appuntamento con il funzionario responsabile, mi faccio fare una delega e vado io, pur se risiedo ad oltre 300 km di distanza e per farlo devo prendere un giorno di ferie.
Mi presento all'ufficio, dove sono tutti molto gentili, clima dell'ufficio molto rilassato, e consegno la documentazione, assemblata nel modo più ordinato possibile in modo da non fornire adito a contestazioni di sorta e riparto non senza aver notato che la scrivania del funzionario non è certo ricolma di pratiche, quindi dovrebbe risolversi tutto rapidamente.
Non passa neanche una settimana e vengo chiamato al telefono dal funzionario che mi informa che c'è un problema e che dovrei tornare con urgenza nel suo ufficio. Chiedo di sapere il motivo, se manca qualcosa, se la documentazione non è chiara, ma niente, mi ripete più volte che è una cosa delicata e non vuole dirmi altro, devo per forza tornare, gli ricordo che non abito dietro l'angolo, ma insiste che è una cosa delicata, anche se mi conforta dicendo che una soluzione comunque c'è. Altro appuntamento, altro viaggio, altra giornata di ferie.
Stavolta, per sicurezza, mi porto dietro anche tutte le altre carte, le spese mediche e ogni possibile documento utile, ma, appena arrivo, mi dicono (stavolta sono in due) che il problema è solo che tutti i bonifici riportano il codice fiscale di mia madre, che non ha redditi, quindi non può detrarre, anche se ha fatto la dichiarazione congiunta con mio padre, che ha il reddito da pensione. Colto alla sprovvista mi mostro meravigliato, dico che la casa è intestata a mia madre, mi sembrava più corretto fare così, la dichiarazione è congiunta, come si detraggono le spese mediche di mia madre si detrarranno anche le spese di ristrutturazione. Alle mie, peraltro garbatissime, rimostranze il clima cambia repentinamente, si ritiene inammissibile che io metta in dubbio le tesi dell'agenzia, la gentilezza sparisce e vengo trattato in modo molto brusco. Le cose peggiorano quando decido di chiamare al telefono un mio amico commercialista (evidentemente ritenuta categoria abietta con cui non è bene avere contatti) che, anche lui, al volo mi conferma che gli sembra che abbia ragione io, pur se si riserva di controllare la normativa. Malgrado mi ritenga nel giusto, vista l'intransigenza crescente dei funzionari chiedo comunque quale sarebbe la soluzione prospettatami al telefono, ma mi viene risposto che dal momento che non mi sono mostrato collaborativo, la soluzione non me la offrono più, anche perché sono scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione e, quindi, andremo avanti per la nostra strada, senza sconti. A questo punto, prima che dalla mia bocca esca qualche parola di cui poi sarei costretto a pentirmi, decido di andarmene di corsa, riservandomi, nel caso, di fare ricorso.
La stessa sera, dopo il viaggio di ritorno, mi metto a cercare su internet la normativa e, in effetti, il coniuge incapiente pare non possa detrarre alcunché, anche se presenta la dichiarazione congiunta. La norma mi sembra assurda ed estremamente vessatoria, anche perché i pagamenti erano effettuati da un conto cointestato, ma l'errore è mio, che non avevo approfondito per tempo la questione e me ne assumo la responsabilità. Mia madre non potrà detrarre le ingenti spese sostenute, ma non è questo che più mi infastidisce, quanto l'atteggiamento dei funzionari, che mi fanno tornare una seconda volta, pur sapendo che devo perdere una giornata e sobbarcarmi svariate ore di viaggio senza poi offrirmi nemmeno la possibilità di correggere l'errore. È questo il fisco amico del contribuente? Quale rispetto i suoi funzionari hanno per il contribuente, che non è una persona al loro servizio? Per rigettare la richiesta di rimborso bastava una lettera, se si voleva che fossi preparato sull'argomento mi si poteva anticipare il tema per telefono e avrei studiato prima la normativa. Ma non è questo che vogliono i nostri amici dell'agenzia, loro vogliono il contribuente remissivo, che non si deve permettere di controbattere, altrimenti viene apostrofato come non collaborativo, va bastonato senza pietà e anche con un sottile piacere. Che dire, se questo è il fisco amico, figuriamoci quello nemico».
Si prega I solerti uffici stampa del Fisco italiano di non scrivere lettere al Giornale, sostenendo che il nostro lettore sia in torto. Lo sappiamo noi e lo sa lui.
Cio che preme raccontare è come, soprattuto quando si è in errore, i «nostri» impiegati, pagati con le nostre tasse, hanno un atteggiamento arrogante da gabelliere medievale. Con la differenza che al tempo erano pagati dai sovrani, oggi dal popolo dei contribuenti o forse è la stessa cosa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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