Coronavirus

La verità sull'ospedale in Fiera: "Sfottevano. Ora salviamo vite"

Oggi ospita 60 malati, 90 tra una settimana: "Siamo diga contro il Covid". Salvini stoppa il rimpasto in Lombardia

La verità sull'ospedale in Fiera: "Sfottevano. Ora salviamo vite"

«Siamo stati derisi, ma la seconda ondata ora è arrivata, e l'ospedale in Fiera è una diga contro l'alluvione». Da un mese ormai piovono contagi sulla Lombardia. E piovono ancora dati negativi. Una possibile frenata del virus dovuta alle nuove misure restrittive, oggi, è poco più che una speranza.

Se davvero è in corso la «battaglia di Milano», il fronte è il centro di terapia intensiva di FieraMilanoCity, che fra una settimana ospiterà 90 malati. A due passi dagli avveniristici grattacieli di «City Life», l'area espositiva fino a un anno fa era fra i centri nevralgici di una Milano forte e dinamica. Oggi in via Teodorico, al gate 9, entrano le ambulanze dirette al padiglione realizzato a marzo da Regione Lombardia e Fondazione Fiera. Il centro Covid della Fiera è stato incredibilmente sottoposto a una campagna ostile, a cui l'opposizione «giallorossa» ha partecipato compiaciuta. Hanno parlato di «flop», di «fallimento progettuale», di un'opera «inutile», descritta come una «operazione di marketing». Oggi, l'ospedale di riserva affidato al Policlinico di Milano sta salvando vite. In viale Scarampo, al gate, 6 parlano i vertici sanitari, i medici: «Noi non siamo caduti nelle polemiche e abbiamo lavorato», dice Nino Stocchetti, responsabile della Neurorianimazione del Policlinico e direttore del padiglione Fiera. Non c'è rivalsa in quelle parole.

Fuori, la città non è deserta come a marzo, nei viali girano auto e furgoncini, ma è il suono delle ambulanze quello che domina ininterrotto, come a marzo e forse più che allora. Nel corso della prossima settimana apriranno altri due «moduli», affidati a due grandi ospedali privati (Humanitas e San Raffaele) e allora saranno 88 i malati curati in Fiera. Potenzialmente, i posti sono oltre 200. Per «rendere l'idea» Stocchetti cita i «giorni di gloria», i tempi pre-Covid, in cui la terapia intensiva del Policlinico di Milano aveva 18 posti letto. «Immaginate cosa significa averne 90».

Adesso sono circa 60 i posti letto occupati da pazienti trasferiti qui nel cuore di Milano, non solo dagli ospedali della città e dell'hinterland, ma anche da Varese, Brescia, Monza e Bergamo. Ne sono transitati già una settantina dal giorno della riapertura. Sette di loro sono già stati trasferiti in reparti a bassa intensità di cura. L'età mediana dei ricoverati è 64 anni e si sta abbassando e il più giovane ne ha 18. I casi in genere sono molto gravi e il tempo di permanenza in terapia intensiva è lungo. Due giorni fa, dopo 20 giorni, è stato trasferito in pneumologia il primo paziente della seconda ondata, entrato in Fiera il 23 ottobre. Quattro malati purtroppo sono morti. «Siamo dispiaciuti per i pazienti che perdiamo - riflette Stocchetti - Per quanto riguarda la mortalità, bisogna capire man mano che i dati verranno accumulati». Ma il numero è di molto inferiore ai tassi riscontrati nel corso della prima ondata, quando in rianimazione moriva quasi un paziente su due.

Il nuovo padiglione sta salvando la vita e non è un caso. «Il vantaggio di Fiera è che non siamo un ospedale da campo - spiega Stocchetti - abbiamo dei moduli attrezzati. Credo che il giudizio sarà su quanti pazienti riusciamo a portare a casa in buone condizioni». Il centro del Portello vive grazie ai medici del Policlinico e ai «rinforzi» che stanno arrivando da vari ospedali lombardi, quelli che inviano i pazienti. E se la difficoltà di reperire personale pareva il limite dell'ospedale di riserva, l'incontro di equipe diverse è diventata una ricchezza dal punto di vista clinico. Oggi lavora in Fiera anche Annalisa Malara, l'anestesista dell'ospedale di Codogno che - nonostante i protocolli - ha svelato il paziente 1 d'Italia. «Qualcuno diceva che venivano deportati i medici e gli infermieri qui - osserva Stocchetti - Tutti i medici che lavorano con me si sono offerti volontari. E la lista dei medici che vorrebbero venire a lavorare in Fiera è piuttosto lunga. Tutti stanchi, ma quando c'è da fare si fa. Ed è una cosa molto bella».

Intanto dopo tante voci - anche il possibile arrivo di tecnici - l'eventualità di un rimpasto nella giunta regionale ora si allontana.

A dare lo stop ieri il leader leghista Matteo Salvini: «In questo momento non abbiamo tempo» ha detto, spiegando che la priorità è un'altra: «Aiutare le persone».

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